Gli Usa travolti anche dallo scandalo NBA, l’antidoto è la dignità civile

Mandatory Credit: Photo by Bonnie Cash/UPI/Shutterstock (15548346c) People wave an American Flag on Pennsylvania Avenue during the "No Kings" national day of protest against the Trump administration in Washington, DC on Saturday, October 18, 2025. More than 2,500 demonstrations are planned across all 50 states for the second round of "No Kings" protests, which originally took place in June. People Participate in "No Kings" Protests in Washington, DC, District of Columbia, United States - 18 Oct 2025

di Stefano Vaccara

NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Negli Stati Uniti questa settimana lo scandalo è esploso nello sport, nel popolare basket del campionato NBA. Trentuno arresti, tra cui un head coach e importanti giocatori, accusati di scommesse illegali e partite truccate in un’inchiesta dell’FBI che rimette la mafia di New York in prima pagina. Quattro famiglie storiche – Bonanno, Gambino, Lucchese, Genovese – avrebbero orchestrato una rete di poker truccati e puntate basate su informazioni interne: infortuni, minutaggi, perfino errori “programmati”. Un affare da decine di milioni. E prima ancora che penale, una truffa morale: campioni strapagati che tradiscono i tifosi, mentre Cosa Nostra lucra sull’idolo sportivo. A Brooklyn il procuratore avverte: “Chi gioca con la legge ha appena perso la partita”.

Intanto a Washington Trump continua a giocare con le istituzioni. Dopo che sette milioni di americani sono scesi in piazza in oltre 1.200 città per gridare “No Kings”, il presidente ha reagito insultando i manifestanti sui social e condividendo video manipolati con l’AI in cui si mette ai comandi di un jet che bombarda di feci i cittadini. È il riflesso pavloviano del potere assoluto: più il popolo protesta, più il “re” alza la voce. Ma gli Stati Uniti non hanno mai avuto un re dopo averlo cacciato nel 1776! Secondo rivelazioni del NYT, poi in parte confermate dallo stesso Trump, il presidente sarebbe persino pronto a denunciare il proprio governo, chiedendo 230 milioni di risarcimento per le vecchie indagini su di lui. E chi dovrebbe difendere il Dipartimento di Giustizia? I suoi stessi avvocati, ora diventati funzionari. Una scena kafkiana – anzi trumpiana: un presidente che fa causa allo Stato con i soldi dei contribuenti.

E come se non bastasse, sono partite le ruspe sulla East Wing della Casa Bianca: demolizioni e lavori per una sala da ballo dorata, modello Versailles, pensata per le feste con i grandi donatori. In passato altri presidenti hanno ristrutturato; qui, però, il tamburello di smentite e poi il via libera alle ruspe racconta un’altra storia: trasformare la Casa degli americani nella Casa dei Miliardari. Sul fronte politico, il governo resta chiuso: lo shutdown è ormai il secondo più lungo di sempre. Trump blocca i negoziati, pretende che il Congresso tratti alle sue condizioni. Il Senato è paralizzato, ma il senatore dell’Oregon Jeff Merkley ha parlato per 22 ore per “suonare l’allarme sull’autoritarismo”, mentre quello della California Adam Schiff ha denunciato “nove mesi sulla strada verso la dittatura”, elencando censure, intimidazioni e l’uso politico dell’esercito.

All’estero, Trump recita la parte del pacificatore: telefonate con Putin, annuncio di un vertice a Budapest alla vigilia della visita di Zelensky – poi tutto salta. A Gaza la tregua scricchiola. E dietro la facciata, gli Stati Uniti colpiscono navi sospette di narcotraffico prima nei Caraibi e poi nel Pacifico, uccidendo chi si trova a bordo e scatenando l’ira della Colombia e nuovi dubbi sulla legalità di queste operazioni. Nel frattempo l’ICE moltiplica i raid contro i migranti, anche a New York: in alcuni quartieri i cittadini si mettono di traverso ai furgoni per impedire arresti violenti. Perfino la California è arrivata al limite: dopo giorni di tensione, Trump è stato costretto ad annullare la missione dei federali su San Francisco, “su richiesta di amici” della Silicon Valley. Una retromarcia che racconta quanto l’uso politico della forza sia ormai un’arma a corrente alternata.

Alla Camera, lo Speaker repubblicano Mike Johnson cerca ancora di disinnescare la bomba a orologeria dei file Epstein, bloccando il voto sulla piena declassificazione. Ma l’attesa cresce, anche perché è uscito postumo il libro sulle memorie della vittima Virginia Giuffre: accuse durissime su abusi e complicità ai piani alti. Quanto a lungo si potrà tenere il coperchio chiuso? C’è un altro filo rosso che lega tutto: la guerra alla realtà. Come ha scritto Franklin Foer sull’Atlantic, i deepfake e la manipolazione sistematica stanno erodendo l’idea stessa di prova: se ogni video può essere falso, allora è vero solo ciò che conviene al potere. È la versione 2.0 dell'”era della post-verità”: un presidente che non si limita a raccontare la realtà, la fabbrica. Da un lato lo sport corrotto dalla mafia; dall’altro la politica corrotta dall’ego di un uomo che pretende fedeltà, non legalità. Due facce della stessa America, dove l’onestà non è più premiata ma derisa. Eppure, quei 7 milioni scesi in piazza per gridare “No Kings” ci dicono che l’antidoto esiste: la dignità civile.

– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS).

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