Il fantasma di Epstein fa tremare la Casa Bianca di Trump

di Stefano Vaccara

NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Se non fosse riesploso il caso Epstein, oggi racconteremmo un’altra storia: quella di un presidente che, dopo 42 giorni di shutdown, riapre il governo federale e torna a dettare l’agenda con il “One Big Beautiful Bill”. Invece, in poche ore, tutto è crollato.

Ventitremila pagine di documenti – email dell’eredità di Jeffrey Epstein pubblicate alla Camera – hanno cancellato la settimana politica, oscurato la vittoria sul Congresso e messo Trump di nuovo sulla difensiva. Lo avevamo annunciato mesi fa: lo scandalo Epstein non è un residuo del passato, è la battaglia finale sulla verità in America. E ora è tornato, nel momento peggiore per la Casa Bianca. Le email diffuse dai democratici – subito seguite dalla valanga di documenti pubblicati dai repubblicani – mostrano un Epstein ossessionato da Trump, con riferimenti imbarazzanti a incontri, confidenze, frequentazioni e alla possibilità di “colpirlo” politicamente. E se il contenuto sessuale è ciò che scuote l’opinione pubblica, tra le righe emerge altro: collegamenti finanziari, piste su fondi, operazioni societarie e possibili elementi di riciclaggio che alcuni parlamentari vogliono assolutamente chiarire nei famosi “Epstein Files” dell’FBI.

È questo il punto: le email pubblicate ora non sono ancora i file federali. Sono solo ciò che era in custodia degli avvocati dell’eredità. I documenti davvero esplosivi sono quelli che il Congresso voterà la prossima settimana. E qui entra in scena la rivolta interna al GOP. Alla Camera, da settimane, la base MAGA chiede “Release the files”. Una parte dei repubblicani – Thomas Massie, Nancy Mace, Marjorie Taylor Greene e Lauren Boebert – ha sfidato Trump firmando la “discharge petition” che obbliga a mettere al voto la legge che imporrebbe la pubblicazione integrale degli archivi. Mercoledì è arrivata la firma decisiva della democratica Grijalva: da quel momento, le firme non possono essere ritirate.

E Trump ha perso il controllo della Camera. La scena decisiva? La congresswoman repubblicana Lauren Boebert. Convocata alla Casa Bianca, portata nella Situation Room, circondata dai vertici del Dipartimento di Giustizia e dal direttore dell’FBI, ha ricevuto tutte le pressioni possibili per ritirare la firma. Trump stesso l’ha chiamata più volte. Lei non l’ha fatto. È stato il momento in cui la fedeltà granitica della destra trumpiana ha iniziato a incrinarsi: un replay moderno degli ultimi giorni di Nixon, quando la Casa Bianca non controllava più né il partito né gli alleati.

Intanto, il vicepresidente J.D. Vance tace. Non una parola in difesa di Trump. Non un tweet indignato. Un silenzio assordante, che pesa quanto un editoriale. Ed è qui che alcuni osservatori hanno iniziato a fare paragoni espliciti con Gerald Ford negli ultimi mesi del Watergate: quando chi dovrebbe salvarti comincia invece a prepararsi al dopo di te. La furia di Trump è evidente. Evita i giornalisti, chiude la stampa fuori dalle cerimonie, limita le uscite pubbliche. Ai suoi alleati telefona per accusare i democratici, incolpare i media, lamentarsi del “tradimento” interno. Dietro le quinte, chiede ai senatori repubblicani di bloccare la legge. Fuori dalla Casa Bianca, il fronte MAGA si sta dividendo. Molti influencer minimizzano. Altri sono furiosi: “Se non hai nulla da nascondere, pubblica tutto”.

Per la prima volta dalla rielezione, Trump non guida più il movimento: lo insegue, lo teme, lo subisce. La prossima settimana la Camera voterà sulla pubblicazione integrale dei file. Quanti saranno i repubblicani che voteranno con i democratici? Al Senato la battaglia sarà durissima, la minaccia di veto presidenziale già pronta. Ma il punto politico è già acquisito: Trump voleva evitare questo voto, e non ci è riuscito. Non sappiamo cosa contengano davvero quei file. Ma sappiamo questo: per arrivare a questo punto, il presidente ha dovuto cedere. Il partito non si muove più come un blocco dietro di lui. E il suo potere – dentro il Congresso, dentro la base, dentro la Casa Bianca stessa – è più fragile di quanto sia mai stato dal giorno del giuramento. Non è ancora la fine della presidenza Trump. Ma tutto, in queste ore, somiglia maledettamente all’inizio della fine. Quando un presidente teme più il passato che il futuro, la storia ha già iniziato a scrivere il prossimo capitolo.

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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