di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Dire che gli Stati Uniti sono uniti solo di nome, oggi non è più retorica. L’America si avvicina al 14 giugno – compleanno di Trump con parata militare per i 250 anni dell’esercito ma anche giornata di proteste chiamata “No King Day” – nel pieno di un clima politico e sociale incandescente.
A infiammare l’atmosfera: lo scontro aperto tra il presidente e il governatore della California Gavin Newsom, e un episodio che potrebbe segnare una svolta. Dopo gli arresti a tappeto operati da ICE a Los Angeles contro migranti latinoamericani che si recavano al lavoro o accompagnavano i figli a scuola, la città è esplosa in proteste, e Trump ha risposto inviando 5.000 tra Marines e uomini della Guardia Nazionale, senza consultare le autorità locali. Newsom ha denunciato una “militarizzazione incostituzionale” e ha citato in giudizio l’amministrazione federale per “colpo di mano mai visto prima”. In un’intervista al podcast del New York Times, The Daily, Newsom ha definito l’invio dei militari “teatro incostituzionale” e ha accusato Trump di essersi inventato conversazioni mai avvenute, chiamandolo un “bugiardo freddo come il marmo”.
Il confronto ha assunto tinte personali quando Newsom ha rivelato che la figlia quindicenne è tornata da scuola in lacrime, convinta che il padre sarebbe stato arrestato. E poi l’episodio che ha fatto esplodere l’indignazione bipartisan: giovedì a Los Angeles, durante una conferenza stampa della Segretaria alla Sicurezza Interna Kristi Noem sul dispiegamento militare, il senatore californiano Alex Padilla è stato ammanettato, immobilizzato a terra e trascinato via da agenti federali dopo aver chiesto ad alta voce di poter fare una domanda.
Nonostante si fosse identificato chiaramente come membro del Congresso, gli agenti del DHS e dell’FBI hanno proceduto al fermo. L’immagine di un senatore in manette a pochi metri da una ministra in diretta stampa ha fatto il giro del mondo, diventando simbolo delle crescenti tensioni istituzionali. Padilla ha definito l’accaduto “sconcertante” e “da regime autoritario”, aggiungendo: “Se trattano così un senatore…immaginate cosa possono fare a un operaio”.
In Senato, molti Democratici – e anche alcuni Repubblicani – hanno denunciato l’episodio come un pericoloso scivolamento verso l’autoritarismo. Kristi Noem ha poi detto di aver parlato con Padilla dopo la conferenza stampa, definendo il suo intervento “non appropriato”. A rafforzare l’allarme democratico, un evento che ha fatto tremare l’apparato militare e politico: il discorso tenuto da Trump a Fort Bragg, una specie di prova generale per il 14 giugno.
Un comizio travestito da cerimonia ufficiale, durante il quale il presidente ha attaccato i suoi avversari politici, incitato i militari contro la stampa e annunciato di voler re-intitolare le basi americane ai generali confederati. Il tutto di fronte a soldati in divisa, che non dovrebbero partecipare ad atti politici. Come ha scritto Tom Nichols in un durissimo editoriale su The Atlantic, Trump ha trasformato soldati americani “in tifosi urlanti”, calpestando ogni principio di neutralità e disciplina che il primo presidente degli USA, il generale George Washington, voleva nelle forze armate.
Sullo sfondo, la polveriera Medio Oriente, con Israele che nella notte ha attaccato siti nucleari iraniani, dopo il fallimento dell’accordo sul nucleare tentato da Trump con Teheran. A Vienna, per la prima volta in vent’anni, l’agenzia dell’ONU sul controllo nucleare ha denunciato “gravi violazioni” da parte dell’Iran. Nel frattempo, dopo gli stracci della scorsa settimana, Elon Musk e Trump avrebbero avuto un incontro privato a Mar-a-Lago. Pochi giorni dopo, Musk ha twittato: “Ammetto di essere andato troppo oltre” Un’ammissione che sembra segnare un disgelo tra le due figure più divisive della destra americana.
In un’America spaccata, dove la parola “verità” cambia significato a ogni algoritmo, questo sabato sarà un banco di prova. Tra parate militari, proteste di piazza e tensioni internazionali, la democrazia americana si trova a un bivio che potrebbe diventare fatale. E mentre a Miami parte il Mondiale per club FIFA, con l’argentino Messi pronto a incantare il pubblico, neppure i suoi gol potrebbero bastare a distrarre un Paese sull’orlo d’una crisi di nervi costituzionali in cui lo scontro politico ha ormai invaso ogni campo. Altro che festa, il 14 giugno rischia di essere l’inquietante specchio di ciò che l’America è diventata.
– foto IPA Agency –
(ITALPRESS).