L’onda blu e l’incubo supremo: Trump perde voti e il castello dei dazi trema

di Stefano Vaccara

NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – La valanga di voti democratici e dei giovani a New York, in New Jersey e in Virginia ha travolto i repubblicani, ben oltre ogni previsione. In New Jersey e in Virginia, dove i sondaggi davano testa a testa, le candidate democratiche Mikie Sherrill e Abigail Spanberger hanno vinto con margini a doppia cifra. E a New York, la vittoria di Zohran Mamdani è stata storica: a soli 34 anni, primo musulmano e socialista eletto sindaco della città più importante d’America. Mamdani ha vinto perché ha capito una cosa semplice ma decisiva: la gente non vuole ideologia, vuole risposte concrete: case, affitti, trasporti, sicurezza economica. Ha ascoltato le persone nei quartieri, per strada, e ha costruito una campagna dal basso, fatta di volti reali, non di slogan.

E poi c’è l’altro fattore: l’effetto “respingente” di Trump. A New York, il suo endorsement ad Andrew Cuomo è stato più un boomerang che un aiuto. Nell’elettorato urbano, soprattutto tra i giovani e le donne, Trump ormai mobilita più avversari che sostenitori. Il messaggio che arriva dalle urne è chiaro: l’America è stanca di sentir parlare di guerre culturali e vuole tornare a parlare di vita reale. “Affordability” è la parola chiave. Quanto costa vivere, quanto costa mangiare, quanto costa affittare una casa, quanto costa allevare un figlio. In fondo, come diceva James Carville ai tempi di Bill Clinton: “It’s the economy, stupid!”. E qui arriva il colpo più duro per Trump. Dopo nove mesi alla Casa Bianca, gli americani non percepiscono miglioramenti. Si sentono come prima, o peggio di prima. E quando questo accade, chi governa paga il prezzo.

Non a caso, mercoledì mattina, il volto del presidente era tutto un programma. Niente sorrisi, solo nervosismo. Ma il vero incubo per lui non viene solo dai voti volati verso i democratici, bensì dalla Corte Suprema. In questi giorni, i giudici stanno decidendo se Trump abbia davvero il potere di imporre dazi su quasi tutti i Paesi del mondo senza passare dal Congresso. Sta usando una vecchia legge del 1977, pensata per le emergenze nazionali, per giustificare tariffe gigantesche come “misure d’urgenza”. Il problema è che diversi giudici – anche conservatori – sembrano non crederci troppo. Se la Corte dice no, per Trump sarebbe un terremoto. Perderebbe la base legale della sua intera strategia economica: niente più dazi “a tappeto”, niente più superpoteri commerciali. Il suo piano per “Make America Great Again” cadrebbe come un castello di carte. E il presidente, senza quella leva, dovrebbe rivedere tutta la sua narrativa economica.

Se invece la Corte gli dà ragione, i dazi restano, ma con un prezzo politico enorme: verrebbe confermato che l’America vive ormai in uno stato di “emergenza permanente”, dove il presidente può tassare, punire o premiare chi vuole senza passare dal Congresso. Gli americani che hanno vinto con il loro voto le elezioni martedì sicuramente preferiscono un Trump più debole che uno che terrorizza. E come se non bastasse, lo shutdown federale – il più lungo della storia – continua. Domani il Senato voterà una proposta dei repubblicani per riaprire il governo, ma i democratici hanno già annunciato che voteranno in massa contro, giudicando insufficiente il piano. Intanto, il blocco dei fondi sta lasciando a terra centinaia di voli in tutto il Paese: l’amministrazione ha tagliato fino al 10% del traffico aereo per mancanza di controllori. Un paese fermo, mentre la politica resta in stallo.

In questo clima, Nancy Pelosi ha annunciato che non si ricandiderà nel 2026. Una notizia che segna la fine di un’era. Pelosi, prima donna Speaker della Camera, è stata una figura gigantesca della politica americana. In un suo intervento su The Atlantic, ha ricordato le parole di Thomas Paine: “The times have found us” – i tempi ci hanno trovati. E ha aggiunto: chi crede nella libertà e nella dignità umana non deve mai arrendersi alle forze che vogliono distruggere ciò che amiamo. Parole che, oggi, suonano come un monito a tutto il Paese. Questa settimana l’America ci ha dato tre lezioni. Primo: la marea giovane e urbana può davvero cambiare il gioco, se qualcuno la ascolta. Secondo: l’economia resta la misura di tutto, e quando la vita costa troppo, nessuno è al sicuro politicamente. Terzo: i dazi, lo strumento preferito di Trump, potrebbero presto diventare il suo boomerang. Alla fine, in democrazia, conta una cosa sola: chi ti vota e perché ti vota. Trump ha costruito il suo potere portando la gente alle urne con rabbia e paura. Mamdani ci è riuscito con ascolto e speranza. E forse, oggi, è da lì che l’America ha scelto di ripartire.

– foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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