di Stefano Vaccara
NEW YORK (ITALPRESS) – Donald Trump ha tentato di costruire un muro attorno al caso Epstein. Un muro fatto di silenzi, smentite e accuse ai democratici. Ma quel muro giovedì si è infranto contro un altro: quello del Wall Street Journal. Il giornale dei Murdoch ha pubblicato un’esclusiva esplosiva: una lettera per il cinquantesimo compleanno di Jeffrey Epstein, inserita in un album regalo preparato da Ghislaine Maxwell nel 2003. Il documento, custodito per anni tra i ricordi privati del miliardario pedofilo, mostra un messaggio di auguri tracciato a mano e firmato “Donald”, incorniciato da un disegno esplicito del corpo di una donna nuda: “Buon compleanno, e che ogni giorno sia un altro meraviglioso segreto”. Trump ha subito gridato al falso, nega di aver mai scritto quel messaggio, ha minacciato cause legali e accusato il WSJ di diffamazione. Ma intanto la lettera è lì, nera su bianco, e l’effetto è devastante.
Questa volta il torero Trump si trova davanti a un toro scatenato che non riesce più a domare: la sua stessa base. Trump ha tentato di zittire tutti con un post su Truth Social: ha definito la vicenda Epstein “una truffa messa in piedi da Obama, Hillary e i soliti agenti corrotti”, ha accusato i suoi stessi sostenitori di essere “deboli” e “stupidi” per aver abboccato.
Poi il colpo finale: “Non voglio più il loro sostegno.” Mai, prima d’ora, Trump aveva insultato così la sua stessa base. Ma il caso Epstein non è come gli altri. È il cuore pulsante di molte narrazioni complottiste che hanno cementato l’identità del movimento MAGA: la promessa che, una volta tornato alla Casa Bianca, Trump avrebbe svelato la verità sulle élite pedofile, avrebbe pubblicato la famosa lista dei nomi e fatto pulizia. E ora? La procuratrice generale Pam Bondi ha annunciato con un memo che “il caso è chiuso”.
Ma davvero la ministra della Giustizia avrebbe potuto archiviare Epstein senza il via libera diretto del presidente? L’ex stratega democratico David Axelrod, sulla CNN, è stato chiaro: “Impossibile. Un’uscita del genere non si fa senza l’approvazione di Trump.” Laura Loomer, una delle influencer trumpiane più seguite, accusa Bondi di aver gestito il dossier in modo imbarazzante e sostiene che si debba dimettere. Ma anche questo è un gioco di ombre: forse Bondi recita male, ma la regia è tutta di Trump.
Intanto Tina Brown – la giornalista che nel 2010 per prima scoperchiò il vaso Epstein sul suo appena fondato Daily Beast – è tornata alla carica. In un’intervista al suo ex sito ha ricordato che Epstein non era solo un predatore, ma anche un abile riciclatore: “lavava denaro sporco per clienti potenti”. Trump vuole chiudere quel capitolo troppo in fretta forse per proteggere sé stesso? O per conservare un’arma? Brown ipotizza che Trump possa voler usare quei dossier come “leverage” su figure potenti. La posta in gioco diventa sempre più alta. Robert Reich, il popolare ex ministro del Lavoro di Clinton e professore emerito di Berkeley, ora seguitissimo blogger, lega le recenti decisioni della Corte Suprema al sospetto che qualcuno possa subire ricatti, collegando tutto al caso Epstein. Infatti la Corte ha approvato provvedimenti oscuri, di fretta e senza spiegazioni, che permettono a Trump di cancellare interi dipartimenti federali – come l’Istruzione – licenziando funzionari con un colpo di penna. Reich scrive che la Corte Suprema sta dando alla presidenza un “potere quasi dittatoriale”: “può abrogare leggi licenziando chi le applica”.
Il senatore democratico dell’Oregon Ron Wyden insiste che sul caso Epstein bisogna “seguire i soldi”. Parla di oltre un miliardo e mezzo di dollari in transazioni sospette, da banche come JPMorgan, Deutsche Bank e Bank of America. Soldi che Epstein muoveva tra acquisti d’arte, ville, pagamenti a donne e trasferimenti verso paradisi fiscali. Un sistema occulto, ancora opaco.
La Casa Bianca prova a cambiare canale: ecco giovedì l’annuncio ufficiale che Trump soffre di una lieve insufficienza venosa cronica e agita un’altra minaccia: quella di licenziare Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, perché non vuole abbassare i tassi d’interesse. Come scusa per licenziarlo si userebbe una banale questione di spese per ristrutturazioni. Un’ipotesi improbabile ma non impossibile.
E comunque utile – forse – per creare una nuova distrazione? Questa volta non basterebbe un ricovero del presidente o far crollare Wall Street, per distrarre davvero la base MAGA dal tradimento sul caso Epstein: solo una guerra nucleare potrebbe farcela. Perché per i MAGA non è solo una questione politica. È una questione di fede. E Trump, ora, ha infranto quella fede. Ha costruito il suo potere sul mito di essere l’unico che avrebbe combattuto il male nascosto. Ma se ora quel male lo copre, allora cos’era tutto il resto? Il presidente sta perdendo il controllo dell’arena dove ha sempre trionfato. Il toro MAGA da lui scatenato, questa volta, non si fermerà.
-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).