USO CORRETTO SMARTPHONE, UN PROGETTO AL GEMELLI

I dispositivi mobili, in particolare gli smartphone, sono sempre più presenti nella vita di tutti i giorni delle persone, se ne impadronisco, diventando quasi un’estensione delle proprio corpo. Uno problema di invasione incontrollata che colpisce in modo particolare i minorenni che, seppur più abili a conoscerne ogni aspetto, sono i più esposti ai pericoli del web. Questo il tema al centro del progetto “Connettiamoci attivamente”, presentato al Policlinico universitario Agostino Gemelli a Roma a cui hanno partecipato diversi medici e psicologi. Ideato da Ilaria Lazzareschi, pediatra della Fondazione Policlinico universitario agostino gemelli IRCCS, insieme a Enrica Leo, presidente dell’associazione AttivaMente il progetto si occupa delle tematiche legate all’utilizzo invasivo e incontrollato dei dispositivi mobili, in particolare degli smartphone, da parte dei minorenni, parla del diritto alla salute, alla sicurezza, all’istruzione, di problematiche legate al mondo web in generale. Con il coinvolgimento delle scuole perché la scuola è intesa come uno dei luoghi ideali di intermediazione e di sensibilizzazione delle famiglie e dei ragazzi stessi, in grado di attivare una divulgazione più ampia.

“Spesso – ha detto Eugenio Mercuri, direttore dell’Area Salute del bambino e dell’Area di neuropsichiatria infantile, nonché direttore scientifico del NINeR della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, aprendo i lavori – siamo abituati a una demonizzazione dello strumento che però è nato per dare una mano alla vita, facilitandola. Nel caso di bambini con gravi disabilità motorie, ad esempio, sono un po’ un lasciapassare per l’indipendenza, perché possono essere raggiunti in qualsiasi modo e qualsiasi momento. In più possono entrare a conoscenza con un mondo che altrimenti non potrebbero conoscere”. Proprio il buon uso delle tecnologie è stato al centro dei diversi interventi e sarà il cuore pulsante del progetto: “Se il mezzo è malgestito ci si ritorce contro mentre avrebbe delle potenzialità enormi – ha spiegato Enrica Leo, presidente di AttivaMente -. La tecnologia fa bene se usata bene, sapere usare la tecnologia non è avere perennemente in mano un oggetto che ci distoglie dalla realtà. Per cercare di spiegare il perché di Connettiamoci Attivamente mi voglio soffermare su una immagine che è quella della società liquida, perche questa mi ha fatto pensare alla società come un fiume che scorre e per farlo nel bene ha bisogno di argine per evitare le esondazioni. I ruoli e le responsabilità non sono confini così più chiari che possono far fluire la tecnologia in modo più controllato e meno esondato di eventi che lasciano il segno”.

Nel corso del pomeriggio sul palco si sono alternati diversi medici, psichiatri e rappresentanti della Polizia Postale che hanno affrontato, sotto diversi aspetti, le problematiche della tecnologia invasiva. “Quello che oggi è invisibile domani diventerà drammaticamente visibile, basta guardare ai danni delle sigarette elettroniche che oggi stanno venendo fuori e tra 30 anni potremmo vedere quello dei telefonini – ha detto Piero Ferrara, presidente della sezione Lazio della società italiana di Pediatria -. Il 92% dei bambini negli USA è arrivato a contatto con il cellulare sotto il primo anno di vita e otto bambini italiani su dieci a meno di 5 anni. La dipendenza da cellulare è la stessa della dipendenza da droga, più si utilizza lo strumento più si sta bene e il meccanismo di difesa è la negazione, ‘smetto quando voglio’, è il primo segnale di dipendenza. Per questo bisogna aiutare a prendere coscienza del problema”. Dati certi di correlazione tra l’uso dello smartphone e di tablet con malattie gravi ancora non ce ne sono ma alcuni disturbi per i ragazzi ormai sono accettati: disturbi del sonno, obesità, secchezza oculare, mancanza di vitamina D, perché stanno molto meno all’aperto, problemi uditivi, deficit attentivi, calo del rendimento scolastico, depressione.

Ma togliere la tecnologia e controllare ossessivamente i figli potrebbe non essere la soluzione migliore, secondo Federico Tonioni, psichiatra e responsabile dell’ambulatorio per la psicopatologia web mediatica del Gemelli: “Il problema è una alternativa divertente. Non è lo smartphone a isolare un bambino ma la solitudine stessa. Basterebbe chiedere a un figlio cosa sta facendo. La maggior parte dei nostri utenti in ambulatorio sono i genitori, che darebbero la vita per i figli, ma brancolano nel buio”. “La password del telefonino è il confine della intimità e non va violata – ha sottolineato rivolgendosi più agli adulti -, il controllo non serve assolutamente a nulla, la distanza più sana è sempre la tendenza alla fiducia. Le linee guida devono essere uno strumento in più ma non devono mai essere un sostituto dei sentimenti di pancia dei genitori. Le regole servono a dare ai figli il senso dei limiti e devono innescare sempre trattative, non per comandare perché altrimenti servono solo al bambino per accumulare rabbia”.
(ITALPRESS).

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