SI AFFIDANO A CULTURA PER DARE CONCRETEZZA AL FUTURO

Vogliono scrollarsi di dosso vecchi cliche’ che li etichettano come sfiduciati e rassegnati. Anzi, vogliono cambiare passo affidandosi ai valori della cultura di ieri che reinterpretano con un occhio rivolto al domani: la cultura dunque come antidoto all’immobilita’ del presente. Questa l’istantanea
scattata dal Quinto Rapporto di ricerca sui giovani realizzato dall’Osservatorio Generazione Proteo, che ha intervistato circa 20mila studenti italiani, fra i 17 e i 19 anni.
In questo ritorno al futuro – che non e’ immune dagli eccessi che portano i giovani a sfidare i divieti imposti dal buon senso – la cultura ha dunque un aspetto prioritario ed e’ basata sulla riscoperta di quei valori cari ai loro genitori. Una cultura che pero’ non e’ piu’ intesa come ribellione o come divertimento (insieme raccolgono solo il 3,3%): i ragazzi di oggi, lontani dai movimenti di classe dei loro padri o dei loro nonni, sanno bene che essere colti vuol dire innanzitutto conoscere (41,6%), ma anche avere la giusta dose di curiosita’ (19,4%) e, perche’ no, mantenere legami con la tradizione (14,9%). Non occorre insomma solo studiare, comunque indispensabile per il 26,2% degli intervistati, perche’ persone preparate lo si diventa anche viaggiando (21,7%), informandosi su quello che accade nella societa’ (15,3%), venendo a contatto con altre culture (14,9%) e
appassionandosi a ogni forma di arte (11%).
 
La cult generation non rifugge pero’ il proprio mondo, che e’ fatto anche di relazioni virtuali, di cui tuttavia percepiscono i rischi: il 33,9% degli intervistati sa bene infatti che i social possono creare dipendenza e il 29,1% e’ cosciente che, isolandosi in Rete, ci si disabitua alla vita di tutti i giorni.
Cio’ nonostante il 17,2% dichiara, senza mezzi termini, che gli e’ capitato di chiudersi volontariamente in casa e di comunicare solo attraverso la tastiera. Senza pero’ cedere ad atti di autolesionismo: solo il 4,2% sostiene di essersi procurato delle ferite per poi pubblicarne le immagini sui social. Sullo sfondo, resta il fenomeno del cyberbullismo e dei video offensivi che fanno il giro della Rete. Il 50,9% degli intervistati dice che, se nei filmati la vittima e’ un amico, sono pronti a avvertirlo ma solo il 15,7% afferma che presenterebbe una denuncia alle Forze dell’Ordine. Il 18,9% dichiara poi di essere stato vittima di questo fenomeno e il 14,3% di avere reagito comportandosi a sua volta da bullo in un vero e proprio effetto domino. Ma quali sono le armi giuste per arginare il cyberbullismo e il bullismo in generale? Il dialogo a scuola e in famiglia, per il 25,5%, ma anche leggi piu’ severe, per il 25,1%. La ricerca di segni concreti si traduce poi nel proprio stile di vita, seguendo la moda o sfidando i divieti, fino allo sballo.
Il 52,3% dei ragazzi spiega di aver scelto un tatuaggio per ricordarsi di qualcosa o di qualcuno, mentre il 38,4% sostiene di fare uso di droghe leggere e il 46,7% di bere alcool fino a perdere il controllo, per puro divertimento (49,1%) o per semplice curiosita’ (30,6%).
Il 10,4% dichiara addirittura di aver sperimentato l’eye-balling, di aver cioe’ ingerito alcool come se fosse collirio per gli occhi. L’impegno e’ l’altro segno concreto al quale la cult generation da’ valore. Il 33% dei giovani intervistati ritiene che sia questo il giusto metro per quantificare il proprio stipendio, mentre il 17,8% spiega che bisognerebbe premiare chi ha maggiori responsabilita’.
 
Ma il lavoro bisogna innanzitutto averlo e i ragazzi di oggi sanno che questo non e’ sempre scontato. La disoccupazione fa certo paura, lo dice il 22,9%, ma quasi 4 giovani su dieci (il 37,5%) hanno una preoccupazione ancora piu’ alta, quella di non poter realizzare i propri sogni. Disposta a fare sacrifici (29,7%), la cult generation e’ pronta anche ad andare all’estero dove, per il 45,1%, e’ molto piu’ facile fare impresa. Pronta ma non entusiasta: il 38% degli intervistati sostiene infatti che lasciare l’Italia non gli piacerebbe affatto. E, nei tempi che si vivono, la politica resta lontana.
Il 67,1% degli intervistati dice che gli interessa poco o per nulla e, questo, per mancanza di fiducia (18,4%) e di modelli credibili (16,5%). Servirebbe, per costruire rinnovato entusiasmo, maggiore
onesta’ (32%) e vicinanza alle esigenze dei cittadini (22,5%). L’esigenza di punti di riferimento finisce con l’intrecciarsi con la cultura, nodo centrale e vera sorpresa della ricerca, che, per il 18,4% degli intervistati, rappresenta uno dei modi in cui declinare il “vivere all’italiana”. Decisivo il ruolo della scuola, sinonimo di crescita per il 40,8% degli intervistati, ma non sufficiente: il 26,2% ritiene infatti che si diventa persone colte anche viaggiando e conoscendo tradizioni diverse.
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