di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – La politica è anche “fisica” e a ogni forza esercitata corrisponde sempre una reazione uguale e contraria. Così, l’ascesa di Trump e del movimento MAGA dal 2016 ha generato negli USA una forza progressista di segno opposto che oggi, con la storica vittoria di Zohran Mamdani alle primarie democratiche per il sindaco di New York, si manifesta nella sua forma più compiuta. Mamdani, 33 anni, deputato socialista che rappresenta il Queens nell’Assemblea dello Stato di New York, cittadino americano solo dal 2018, ha conquistato il 43,5% dei voti contro il 36,3% dell’ex governatore Andrew Cuomo, una figura emblematica dell’establishment.
Nato a Kampala, in Uganda, da genitori indiani – il padre, Mahmood Mamdani, è un politologo che insegna alla Columbia University, la madre, Mira Nair, è una regista nominata all’Oscar – Zohran Mamdani è cresciuto nel quartiere multietnico di Astoria, nel Queens, dopo aver vissuto in Sudafrica durante l’infanzia. Una sconfitta bruciante per Cuomo, sostenuto da giganti come Bill Clinton e Michael Bloomberg, nonché da un super-PAC milionario, ma incapace di accendere entusiasmi. Mamdani, invece, ha galvanizzato giovani, lavoratori e minoranze, puntando su un’agenda economica radicale: congelamento degli affitti, salario minimo a 30 dollari entro il 2030, trasporti gratuiti e asili per tutti.
Come ha scritto il New York Times, la sua vittoria segna una rottura generazionale e ideologica con il mainstream democratico. Un “thunderbolt”, un fulmine a ciel sereno, che costringe i vertici del partito a riflettere sul proprio futuro. “Abbiamo dato alla nostra città il permesso di crederci ancora”, ha dichiarato Mamdani la notte della vittoria in un rooftop affollato di sostenitori nel Queens. “Nella nostra New York, il potere appartiene al popolo”. Prende un abbaglio chi pensa si tratti solo di una vittoria locale, invece è l’ultima tappa in un processo avviato quasi dieci anni fa dal senatore indipendente del Vermont Bernie Sanders e poi dalla congresswoman democratica di New York che rappresenta Bronx e Queens Alexandria Ocasio-Cortez.
Come ha scritto il New York Magazine, Mamdani ha saputo costruire una coalizione che ha saputo sfruttare anche il meccanismo del voto per preferenza, riuscendo a prevalere in aree dove la sinistra radicale fino a ieri sembrava impensabile. Secondo il Wall Street Journal, Mamdani rappresenta una “nuova generazione di politici capaci di parlare direttamente all’elettorato urbano stanco della retorica e afflitto dalla crisi dell’abitabilità”. Non a caso, il suo slogan “freeze the rent” (congeliamo gli affitti) è diventato virale sui social, accompagnato da dirette su Instagram e TikTok che hanno mobilitato migliaia di volontari. Il Washington Post sottolinea come Mamdani, con il suo carisma e l’abilità comunicativa, abbia trasformato una campagna economica in un movimento politico.
Ma la reazione dell’establishment non si è fatta attendere. Cuomo, pur avendo riconosciuto la sconfitta, ha lasciato intendere che potrebbe correre come indipendente alle elezioni di novembre. “Voglio analizzare i numeri e riflettere prima di decidere”, ha detto al New York Times. Una candidatura indipendente di Cuomo, unita alla corsa dell’attuale sindaco Eric Adams (anch’egli indipendente), potrebbe frammentare il fronte democratico e aprire uno spiraglio a un candidato repubblicano, come Curtis Sliwa. Fondatore dei Guardian Angels e già candidato sindaco nel 2021, Sliwa corre nuovamente come repubblicano: resta un outsider, ma con la sinistra divisa e l’elettorato moderato in fuga, potrebbe ritagliarsi uno spazio, specie se il voto si polarizzasse.
In una città dove i democratici superano i repubblicani sei a uno, questa ipotesi sembrerebbe remota, ma come ha fatto notare la stratega democratica Maria Comella, “essere contro qualcosa non basta, serve anche un messaggio positivo”. Cuomo, già governatore e figlio primogenito del leggendario Mario, al contrario, ha puntato su una campagna definita “fredda e priva di visione”, limitandosi a ribadire la propria esperienza e competenza. Mamdani, invece, ha offerto una visione chiara. “Una vita dignitosa non deve essere riservata a pochi fortunati”, ha detto. “È qualcosa che il governo cittadino deve garantire a ogni newyorkese”.
Il suo programma, tuttavia, si scontrerà con ostacoli strutturali: molte delle sue proposte, come l’aumento delle tasse sui ricchi, richiedono l’appoggio della governatrice Kathy Hochul, notoriamente poco incline a manovre radicali. Inoltre, secondo la Partnership for New York City, l’eventualità di un sindaco socialista “mette a rischio la stabilità economica della città”. Mentre i repubblicani si preparano a usare Mamdani come emblema del “nuovo volto estremista” del Partito Democratico, i vertici Dem si dividono: abbracciare la sua agenda, sperando di riconquistare i giovani e i lavoratori, oppure allontanarsene, tentando di corteggiare i moderati e gli indipendenti. David Axelrod, ex stratega di Obama, ha osservato che Mamdani rappresenta una sfida ideologica per il partito, soprattutto per le sue posizioni pro palestinesi (senza esitazioni ha bollato le azioni militari d’Israele contro la popolazione civile a Gaza “genocidio”).
Eppure, “la sua attenzione ai problemi economici ha risuonato profondamente”. La corsa per la poltrona di sindaco non è ancora finita: il voto generale si terrà a novembre e sarà decisivo capire se Mamdani riuscirà a consolidare la sua vittoria o se la reazione dell’apparato, magari con l’aiuto di Cuomo o del sindaco Adams (sospettato di essere sostenuto da Trump), che corre già da indipendente, riuscirà a fermarlo. Per ora, ciò che è certo è che New York è diventata il nuovo epicentro della battaglia per l’anima del Partito Democratico. E Mamdani ne è oggi il volto più potente e inatteso.
– foto IPA Agency –
(ITALPRESS).