PALERMO (ITALPRESS) – Giovanni Brusca è libero. Per l’uomo che azionò il telecomando che innescò l’esplosione della strage di Capaci, avvenuta il 23 maggio del 1992, sono trascorsi i 4 anni di libertà vigilata impostigli dalla magistratura di sorveglianza.
Era l’ultimo debito da scontare per l’ex boss mafioso, oggi collaboratore di giustizia, accusato di altre decine di omicidi, oltre che di essere il mandante dell’omicidio del piccolo Giuseppe di Matteo, il cui cadavere fu sciolto nell’acido.
“L’ho sentito, era soddisfatto. Sentirsi libero da vincoli è qualcosa che lo soddisfa”. Lo ha detto al Tg1 Luigi Li Gotti, legale di Giovanni Brusca, che è tornato libero. “Questa è la legge premiale voluta da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ha iniziato una collaborazione nel ’96, ha fatto arrestate complici, ha fatto scoprire depositi di armi, ha evitato altre stragi. Ha scontato la sua pena, ha goduto di tutto cio’ che la legge prevede. Ora la sua speranza è di potere iniziare una nuova attività lavorativa e il reinserimento sociale”.
“Come cittadina e come sorella, non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre. Ma come donna delle Istituzioni, sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge. Una legge, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose dall’interno”. Lo ha dichiarato Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso nella strage di Capaci commentando la liberazione di Giovanni Brusca. “Ha beneficiato di questa normativa, ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia che ha avuto un impatto significativo sulla lotta contro Cosa Nostra. Le sue confessioni hanno contribuito all’arresto di numerosi mafiosi e alla confisca di beni illeciti. Tuttavia non si può ignorare che la sua collaborazione non è stata, su ogni fronte, pienamente esaustiva. In particolare, rimane tuttora un’area nebulosa quella riguardante i beni a lui riconducibili, per i quali la magistratura ha il dovere di continuare a indagare e chiarire ogni dubbio: colpire i mafiosi nei loro interessi economici è la pena più dura, privarli del denaro è ciò che li annienta davvero”.
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