Inaugurazione anno giudiziario a Napoli, Forgillo “Risolvere le carenze di personale”

NAPOLI (ITALPRESS) – Le criticità dovute alla carenze di personale nei tribunali “ci espongono a non poter ottemperare con regolarità alle prescrizioni del Pnrr, su cui sono stati fatti cospicui investimenti dallo Stato: bisogna porre rimedio con urgenza a questa situazione”. Lo ha detto il presidente vicario della Corte d’Appello di Napoli, Eugenio Forgillo, nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2023 a Castel Capuano. “E’ stato più volte segnalato come il rapporto tra magistrati e personale in organico sia strutturalmente insoddisfacente”, sottolinea Forgillo. “Tutti gli uffici del distretto presentano carenze di organico, specialmente di personale amministrativo, nonostante le cospicue recenti assunzioni di assistenti giudiziari. La scopertura nel distretto supera il 25%, con punte di criticità assoluta per le figure di direttore amministrativo e cancelliere”, segnala. “La consistente sproporzione tra forza lavoro e procedimenti pendenti non è agevolmente risolvibile con progressivi aumenti di produttività, anche perchè, oltre un certo limite, si rischia di far decadere eccessivamente la qualità della resa”, continua, sottolineando comunque “la buona produttività riscontrata in quest’ultimo anno, in misura maggiore all’anno precedente, caratterizzato dalle lungaggini dovute alla pandemia: la resa è stata quasi ovunque maggiore, caratterizzata da un miglioramento di performance intorno al 59%”.
Il progressivo calo delle iscrizioni e la produttività comunque elevata “hanno determinato il benefico effetto di ridurre consistentemente la zavorra dei fascicoli pendenti nel settore civile. La comparazione con lo scorso anno giudiziario e quello del 2018/2019 dimostra che i valori sono molto confortanti: in Corte, ad esempio si è passati dai 39.957 fascicoli di 4 anni fa ai 31.069 dell’anno scorso, con una riduzione del 22,24%”, sottolinea Forgillo.
“Nel settore penale va registrata positivamente in quasi tutti i tribunali una contrazione delle pendenze finali rispetto alla scorsa annualità: non è un dato incolore perchè consente di ridurre la durata dei processi”, spiega, sottolineando comunque “una pendenza spropositata in relazione alla forza lavoro: basti riflettere che vi erano ben 55.631 processi in attesa di celebrazione, di cui oltre 180 con data anteriore al 2010. Sebbene si siano ridotti a poco più di 49 mila dopo appena un semestre, si tratta pur sempre di un fardello di immane proporzione, difficilmente esaminabile in poco tempo”.
Anche nel settore civile, “i dati sono confortanti: quasi dappertutto si registra un calo di iscrizioni del 5,4% rispetto all’anno precedente”. Passando al settore della magistratura minorile, “vi è un moderato incremento delle pendenze nel settore civile e un sensibile incremento nel settore penale (+17,10%) in controtendenza con le sopravvenienze della corrispondente procura (-12,71%)”, spiega. “C’è un fenomeno piuttosto diffuso di aggressività da parte dei giovani, che ricorrono alla violenza anche per fatti marginali, inquinando spesso la vita della ‘movidà serale dei bar”, continua.
Inoltre, “solo nella Corte d’Appello ci sono ancora tantissime procedure per la legge Pinto, ovvero quelle procedure per la riparazione per irragionevole durata dei processi: ne pervengono circa 2mila all’anno e poi si concludono – diciamo nel 99% dei casi – con una condanna a carico dello Stato per irragionevole durata dei processi. Sono un costo per la collettività ancora troppo sensibile, che dovrebbe essere in qualche modo essere oggetto di rimeditazione generale”. Il fattore maggiormente condizionante è “questa ‘zavorra giudiziarià che ci portiamo dietro. Le statistiche ci dicono che, se non avessimo questa zavorra probabilmente saremmo in grado di smaltire questi processi più o meno nei tempi previsti dalla legge Pinto: il problema è stato affrontato con il rafforzamento dell’ufficio del processo e l’assunzione di tanti giovani funzionari. I positivi effetti di questa soluzione già cominciano ad essere apprezzabili e, se le previsioni dovessero rivelarsi fondate, come tutti auspichiamo, probabilmente tra qualche anno saremo in grado di dare una giustizia di livello europeo, alla pari degli altri Paesi”.
“La giustizia deve essere certamente efficace e deve rispondere in tempi ragionevoli e decenti alla domanda crescente che parte dalla società, ma rifiuto una visione aziendale della giustizia”, che “deve avere un’anima. Credo che si parli anche troppo di giustizia: vorrei che se ne parlasse meno”, ma “con maggiore competenza, con minore animosità e con spirito non antagonistico, perchè questo non fa bene al futuro della vera giustizia”, ha aggiunto il procuratore generale, Luigi Riello. “Non voglio abbracciare una sorta di ‘pessimismo cosmicò perchè ci sono tanti aspetti positivi – e il presidente della Corte li ha enumerati – che sono nei numeri della produttività dei magistrati, che dimostrano che se la giustizia non funziona bene non è perchè i magistrati sono degli scansafatiche”, sottolinea. “L’Europa ci chiede di eliminare l’arretrato, di portarlo a dei livelli accettabili, ci chiede espressamente dei filtri nelle impugnazioni, ci chiede di sburocratizzare, di semplificare le procedure, di velocizzare i processi” ma “l’operazione che con la legge Cartabia sta ponendo in essere è un’operazione che potrà far quadrare le statistiche, ma non i diritti dei cittadini. Ridurre i fascicoli è un’operazione burocratica ed è cosa diversa da celebrare un processo, che significa fare giustizia” e “la moltiplicazione degli adempimenti e dei riti mi sembra francamente un modo alquanto originale per velocizzare i processi”.
Per Antonio Tafuri, presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli, “non si possono comprimere i diritti delle persone: la difesa è inviolabile e deve essere sempre tutelata. Non è possibile che, per non perdere il ‘trenò del recovery fund, si possano sacrificare le ragioni di difesa delle persone” ed “è impensabile che una persona che si trova in uno stato di appello non possa avere il diritto di discutere realmente la causa. Esistono altri sistemi per velocizzare i processi”, come “l’aumento di personale” e “dei ranghi della magistratura”. Per risolvere le criticità, aggiunge Domenica Miele, portando il saluto del Consiglio Superiore della Magistratura, “sarà essenziale l’ascolto degli uffici attraverso un confronto diretto e costante con tutti gli operatori del diritto – magistrati, avvocati, personale amministrativo – anche al fine di adottare linee guida che siano di aiuto e di reale supporto ai direttivi. L’ascolto consentirà al Consiglio la conoscenza in maniera diretta e soprattutto trasparente delle criticità dei singoli uffici”. Anche per Giovanni Russo, direttore generale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, “è necessario avviare una riflessione ampia che, anche grazie all’ascolto della voce proveniente dagli uffici e da tutti gli operatori, potrà consentire di studiare eventuali meditati correttivi ai decreti legislativi che disciplinano le riforme dei riti civile e penale”.
(ITALPRESS).

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