IL FOOTBALL CAMBIA, INDIGNARSI NON SERVE

“Giocare in Arabia e’ una schifezza”. Anche se (forse) non si parlera’ della Supercoppa di Gedda, nell’incontro fra gli stati generali del calcio e il governo, le parole di Salvini la dicono lunga sull’atteggiamento del vicepresidente del consiglio nei confronti del calcio in generale. Ma come per tutte le cose della vita, del football e quindi anche della politica, notoriamente le “schifezze” sono all’ordine del giorno. Il morto di San Siro ha fatto scoppiare la "santabarbara" delle accuse contro il calcio che ha molte colpe ed e’ influenzato da personaggi non sempre attendibili. Per la partita di Gedda sono stati tirati fuori argomenti che riguardano la proibizione alle donne (nel mondo arabo) di frequentare le tribune degli stadi, le questioni religiose, ecc. Si e’ persino parlato di non giocare o di non trasmettere la partita sui canali RAI. Ma questa e’ una mera questione di soldi: giocare in Arabia Saudita rendera’ a Milan e Juve dei miliardi che in Italia non sarebbero stati racimolati. E siccome “pecunia non olet” (il danaro non puzza) non se ne fara’ una questione morale. Magari, se ne parlasse, delle questioni morali: la cacciata dei personaggi ambigui che spesso condizionano il mondo del pallone, le influenze della malavita, le scommesse clandestine ecc. La vicenda del morto sara’ al centro delle discussioni fra governo e il calcio. Quest’ultimo dovra’ accettare -con i soliti malumori- i provvedimenti del governo (partite di cartello o pericolose da giocare di giorno, ecc.).

Tuttavia ci sono tante cose da mettere a posto, come fu detto dopo l’eliminazione dell’Italia dai Mondiali. La rivoluzione: ma cos’e’ cambiato ? Poco, anche se il nuovo presidente Gravina ha bisogno di tempo, per incidere. Mancini ha migliorato una situazione tecnica che si era fatta pesante, ma il calcio non affrontera’ mai il problema del mercato, della limitazione dell’arrivo degli stranieri scarsi, ecc. perche’ ci guadagnano in molti. Le ondate di indignazione, insomma, durano l’espace d’un matin (lo spazio d’un mattino, cioe’ poco) e s’infrangono contro i muraglioni di interessi dei veri padroni del vapore che sono i presidenti, le tv, gli inserzionisti pubblicitari, le banche creditrici, ecc. Il calcio è la prima industria del divertimento e sta soppiantando il cinema e i programmi generalisti delle tv, piazzando le partite di cartello in prima serata. Ma contribuisce alle entrate erariali con le tasse sugli abbonamenti tv, quelle sui biglietti di entrata negli stadi e le rendite dell’indotto. E’ poi un oppiaceo che distrae da problemi piu’ importanti e i poteri forti lo considerano un’attivita’ che influenza i gusti e gli orientamenti (anche politici) dei suoi sudditi. E quindi anche i governatori devono tenerne conto. E’ stato definito un “giocattolo” del quale non si possono privare i “cittadini-bambini” che vanno poi alle urne. Quindi, occorre fare subito il viso feroce, concedendo alla fine qualcosa, magari un briciolo di impunità, per averne i favori.

Ci si sta accorgendo pero’ che, dietro la facciata, il calcio nasconde pure frange di ribaldi che tengono prigioniera l’organizzazione e tutte le componenti del teatrino. Il calcio ha i propri riti, le proprie cadenze, che finiscono per mistificare la sostanza stessa del gioco. La FIFA (l’ente del football mondiale) cambia sempre piu’ spesso le regole per acquistare nuovi “clienti” in zone che non l’hanno mai accettato veramente. Il “soccer” negli USA, per esempio, ha dato la precedenza sempre agli sport nazionali (basket, hockey, baseball e football americano). Bisogna far proseliti. L’UEFA (l’ente europeo che organizza la Champions) si interessa molto al fair play finanziario, un po’ come fa la Comunita’ europea che pensa principalmente ai soldi e non all’emigrazione ecc. E’ circolata voce di una “luxury tax” sugli acquisti piu’ importanti. Ma i debiti del mondo del pallone sono stati azzerati: si e’ passati da meno due miliardi a un attivo di 600 milioni. Zorro Boban (vicepresidente della FIFA) ha spezzato in questi giorni una lancia in favore dei club milanesi “in crescita” che dovrebbero poter investire. Il fatturato dei nostri club, se si eccettua la Juve, e’ di molto inferiore pero’ a quello dei grandi club europei. Una volta c’erano i mecenati e il calcio viveva diversamente. Si invadevano i campi per i rigori dati e non dati e, in assenza della VAR, si gridava “arbitro venduto” o peggio “cornuto”.

Oggi la confraternita del calcio si rende conto che non ci si puo’ fermare alla inezie. Tutti pappa e ciccia: circolano soldoni, e se di colpo questo mondo si dissolvesse, ci perderebbero tutti. E anche i politici, che dovrebbero combattere meglio gli intrecci internazionali fra ultra’ e proteggere i giovani arbitri che spesso sono ridotti in fin di vita sui campi periferici. Compiti che spettano al governo. Il mondo (e quindi il calcio) cambia e tutti dobbiamo adeguarci al nuovo che avanza. Tutti. Meno “schifezze”, insomma.

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