Da Governo e parti sociali serve coraggio per arginare il fenomeno delle morti sul lavoro

di Raffaele Bonanni

ROMA (ITALPRESS) – Le parti sociali e governo si sono ripromesse a trovare soluzioni per arginare l’annoso fenomeno degli incidenti mortali sul lavoro. E’ positivo Ogni caso ha la sua dinamica, ma tutti affondano nella stessa velenosa radice: imprese che eseguono “ordinaria manutenzione” con straordinarie trasgressioni, lavoratori senza formazione, senza dispositivi di protezione, spesso nemmeno regolarmente assunti. Non di rado si tratta di aziende già macchiate in passato da violazioni, poi sepolte sotto la polvere dell’oblio, svanite in prescrizioni o assorbite in un sistema di connivenze favorito da controlli ridotti a liturgia burocratica, più formali che sostanziali. La nostra società, diciamolo chiaramente, si accontenta dello sdegno di circostanza: un minuto di silenzio, qualche dichiarazione infuocata, l’indignazione lampo sui social, un dibattito nei talk show. Poi tutto scivola via, fino al prossimo morto.

Nel 2024, secondo i dati Inail, oltre mille lavoratori hanno perso la vita: quasi tre al giorno. Eppure continuiamo a preferire l’onda emotiva ai provvedimenti seri, quelli che devono nascere lontano dai riflettori e dalle strumentalizzazioni politiche. Negli ultimi incontri tra governo e parti sociali si è promesso di affrontare la questione con profondità, rompendo la logica del passato. È un impegno da cui non si può più arretrare. Ma attenzione: la risposta non può ridursi al raddoppio delle pene o alle crociate contro “gli untori”.

È facile gridare allo scandalo, più difficile agire davvero. E spesso i più urlanti sono anche i più compromessi. Serve un approccio chirurgico: distinguere le imprese che rispettano norme e contratti da quelle che le violano sistematicamente; calibrare formazione e controlli sui diversi settori – edilizia, trasporti, agricoltura, manutenzioni – dove il rischio ha volti e dinamiche differenti. La tecnologia può essere un alleato formidabile: sensori, sistemi digitali di tracciamento dei processi e dei movimenti dei lavoratori possono rilevare anomalie e prevenire tragedie.

Ma occorre anche vigilare sulla serietà delle certificazioni aziendali, riformandole con criteri adatti al presente, perché oggi troppe si riducono a meri adempimenti di facciata. E poi, una misura tanto semplice quanto rivoluzionaria: escludere le aziende recidive da ogni beneficio pubblico, dai bandi agli appalti, dalle concessioni ai finanziamenti. Chi mina la sicurezza non può continuare a succhiare risorse dallo Stato. Questa scelta non solo salverebbe vite, ma ripulirebbe il mercato da chi, truccando le regole, inquina la concorrenza e alimenta quella palude di corruzione che divora salari e investimenti in sicurezza. È ora che governo e parti sociali mostrino il coraggio che serve. Basta promesse, basta retorica: servono decisioni nette, strumenti nuovi, pene certe e sanzioni che colpiscano davvero chi si fa beffe delle regole. La maturità di una nazione si misura nella capacità di trasformare il dolore in azione. Le lacrime non bastano più. Nemmeno le ipocrisie.

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).

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