ROMA (ITALPRESS) – L’Italia è davanti a un bivio che segnerà il suo destino. Non è una questione di economia, né soltanto di politiche sociali: è una questione di fiducia nella vita. Il tasso di fecondità, sceso nel 2024 a 1,18 figli per donna, racconta molto più di una statistica. Racconta un Paese che si spegne lentamente, dove le nascite non compensano più le morti e dove il futuro si restringe ogni anno di più.
Dietro le cifre si nasconde una realtà più inquieta: un’Italia che rimanda, che posticipa ogni scelta. Le donne in età fertile sono sempre meno, e molte di loro si trovano costrette a scegliere tra lavoro e maternità. La precarietà, la scarsa tutela dei congedi, la debolezza dei servizi per l’infanzia rendono la genitorialità un lusso. La libertà, in queste condizioni, diventa un paradosso: si può scegliere tutto, tranne avere il tempo e la serenità per costruire una famiglia. È il segno di un modello produttivo che considera le persone strumenti, non risorse. A questa fragilità si somma una trasformazione culturale che ha cambiato il nostro modo di pensare al futuro.
Crescere un figlio oggi sembra un atto irrazionale in un Paese che non garantisce stabilità, che offre salari bassi e prospettive deboli. I giovani non smettono di desiderare una famiglia: semplicemente, non ci credono più possibile. Vivono sospesi tra incertezza e disincanto, in una società che celebra l’individuo ma non protegge la sua fragilità. Il calo della natalità non è solo un male italiano. In tutta l’Europa occidentale la popolazione invecchia, e nessun Paese – neppure Francia e Germania – riesce davvero a invertire la tendenza. L’Occidente sembra avere smarrito la voglia di futuro: si difende nel presente, protegge i suoi equilibri, ma non scommette più su ciò che verrà. Così, la demografia diventa lo specchio di una crisi più ampia – quella della fiducia collettiva – che erode lentamente la coesione sociale e la capacità di costruire insieme.
C’è però qualcosa di più profondo del semplice disagio economico. Una cultura che misura il valore umano in termini di efficienza e piacere ha reso la vita un bene da consumare, non da condividere. La maternità e la paternità vengono percepite come ostacoli a un’esistenza libera e leggera, mentre l’idea stessa di comunità appare come un vincolo. Così, generare figli diventa quasi un atto controcorrente, un gesto di fiducia in un tempo che non crede più nella continuità.
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