di Raffaele Bonanni
ROMA (ITALPRESS) – Dall’alba della storia, la pace non è mai stata un dato acquisito, ma una conquista da difendere con lucidità e coraggio. I conflitti, anche i più devastanti, non esplodono mai d’improvviso: maturano nel silenzio complice dell’inerzia o nell’accondiscendenza verso chi semina instabilità per ambizione di potere.
Il conflitto tra Israele e Iran ne è un esempio lampante. Da anni Teheran agisce per destabilizzare il Medio Oriente, svuotando Stati sovrani come lo Yemen – armando i ribelli Houthi – e il Libano, dove Hezbollah ha trasformato un partito in un esercito parallelo, in violazione della sovranità statale. Anche Gaza è parte di questa strategia: Hamas, sostenuto militarmente dall’Iran, ha sottratto il controllo del territorio all’Autorità Palestinese, alimentando uno scontro perpetuo con Israele.
Tutto ciò avviene sotto lo sguardo distratto della comunità internazionale. L’ONU, nata nel 1945 proprio per evitare “le piaghe della guerra”, si trova oggi spesso paralizzata dai veti incrociati del Consiglio di Sicurezza. Emblematica la risoluzione 1701 del 2006, che imponeva il disarmo di Hezbollah e il rafforzamento dell’esercito libanese. Ma la forza UNIFIL, anziché impedire la militarizzazione del sud del Libano, si è trovata impotente di fronte al consolidarsi dell’influenza iraniana, mentre le basi missilistiche spuntavano accanto ai suoi stessi presidi.
Sul piano giuridico, la violazione del principio di non ingerenza sancito dall’articolo 2.7 della Carta delle Nazioni Unite è sistematica. E l’articolo 51 – che riconosce il diritto all’autodifesa in caso di attacco armato – è ormai invocato come unica ancora legale da parte di chi subisce provocazioni continue. Ma quando le istituzioni internazionali tacciono, o peggio collaborano, il diritto si svuota.
Il caso dell’UNRWA, l’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, è tragico: accuse documentate rivelano che alcuni suoi funzionari erano collusi con Hamas, e avrebbero partecipato al massacro del 7 ottobre 2023. L’agenzia, con migliaia di dipendenti, ha omesso per anni di denunciare l’uso di scuole e ospedali per fini militari, violando gravemente il diritto internazionale umanitario.
In questo contesto, parlare di pace diventa ipocrisia se non si denuncia la complicità istituzionale e l’uso distorto del diritto. L’articolo 1 della Carta dell’ONU enuncia come primo scopo “il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale”. Ma se i garanti della legalità tacciono o si fanno parte del problema, la guerra diventa la logica conseguenza di una pace tradita.
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