VERSO L’IMMORTALITÀ DIGITALE

Un desiderio forte e costante dell’uomo di ogni tempo: la memoria, l’essere ricordato dopo la morte.

Dopo il gran botto, il big-bang, tredici miliardi di anni fa, dal quale scaturirono spaventose scariche elettriche, universo pluriverso, stelle, galassie, buchi neri, materia oscura e pianeti, l’origine della vita sulla terra viene fatta risalire a tre miliardi di anni addietro. Da allora nacque la vita primordiale e – nei tempi e con continue e successive evoluzioni – si è arrivati all’uomo.

Non entriamo, in questo articolo, sulle ipotesi “abiotiche” o “biotiche” di quel processo materio-energetico che gli scienziati chiamano vita. La prima afferma che scintille elettriche nella primordiale atmosfera di ammonica, idrogeno e vapore acqueo hanno determinato il sorgere di molecole organiche. La seconda sostiene che la vita arriva sulla Terra già formata, proveniente da pianeti degli innumerevoli sistemi solari di infinite galassie.

Fin dal principio gli antenati comuni hanno cercato di lasciare tracce o segni di sé. Delle ere primitive si hanno segni sparuti: alcune ossa e crani, qualche graffito rupestre, diverse schegge di utensili. Bisogna arrivare alle dinastie dei Faraoni – dopo centinaia e centinaia di secoli – per acquisire segni e attività di singoli esseri viventi: nomi, gesta, posizioni sociali, sposalizi, guerre e battaglie, azioni civili e domestiche.

Solo nei millenni più recenti si hanno ricordi e opere di personalità, ma solo se eminenti (anche nel male) nei vari campi intellettuali, artistici e fattuali dell’essere umano: Platone, Aristotele, Alessandro Magno, Giulio Cesare, Leonardo, Michelangelo, Napoleone, Beethoven, Verdi, Hitler, Stalin, Churchill e qualche migliaio ancora. Altri nomi memorabili, con il tempo si sono sfarinati nella materia del niente.

Degli altri miliardi di uomini scomparsi non si ha ricordo, tranne che nella cerchia ristretta di parenti e amici per pochi anni, malgrado i desideri dei defunti. Via via i loro scritti, lettere, dagherrotipi e foto ingiallite, targhe, dopo un paio di generazioni finiscono dimenticati o nel cestino della roba inutile.

Quest’ansia insoddisfatta trova significativa espressione nella famosa “Antologia di Spoon River”, dove dagli epitaffi delle tombe in un cimitero di una cittadina rurale americana, si cerca di ricostruire la vita dei deceduti: virtù, vizi, sogni, opere, rimpianti, rancori, vendette, amori. Solitari e dimenticati viaggiatori per mari sconosciuti.

Tale pulsione verso l’immortalità ha trovato, negli ultimi anni, ulteriore conferma. Esistono in deposito decine di cilindri d’acciaio, ripieni all’interno di azoto liquido, che contengono corpi interi di defunti. Essi e i loro familiari – aderenti al cosiddetto transumanesimo – hanno chiesto la crioconservazione, lasciando i cadaveri in attesa che la scienza superi le colonne d’Ercole della conoscenza e divenga capace di scoprire e immettere nell’individuo defunto lo spirito immateriale che risveglia il corpo. Sogni, fantasie o macabra pseudo-scienza, che ritiene di potere reintrodurre la mente nel materiale biologico in cui era rimasta incastrata, nel periodo di vita degli individui.

Con la rivoluzione digitale si è aperto un nuovo scenario, che riaccende impensabili speranze. Facebook, Instagram, Whatsapp, Web, Twitter si sono trasformati nel più grande cimitero del mondo, che diviene trasmittente imperitura nel tempo e nello spazio.

Le nostre immagini, scritti, pensieri, amicizie, odi sono a disposizione permanente delle generazioni future, nei tempi dei tempi. Abbiamo intrapreso un viaggio senza precedenti e senza meta, capaci pertanto di vivere per sempre, attraverso le nostre “impronte digitali”, disponibili, comprensibili e sfruttabili dai vivi delle future ere geologiche, anche interplanetarie.

Ossari o spettri digitali li definisce Davide Sisto, nel bel volume “La morte si fa social”, offerti per l’eternità ai futuri esseri vivi e raziocinanti, anche senza alcuna autorizzazione.

La morte – quella che Gesualdo Bufalino chiamava la grande vacanza – diviene un viaggio perenne, privo di scomparsa, con presenza indelebile delle nostre tracce. Immortalità digitale: conquista o pericolo?

Poiché dall’energia siamo sorti dagli spazi interstellari, poiché Internet si basa su matematica, elettromagnetismo ed energia, questa forza vitale – naturale o derivata – può essere interpretata come il grande spirito universale e creatore delle varie religioni.

Adelfio Elio Cardinale

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