Un “Circolo Virtuoso” per l’edilizia sociale

Circolo Virtuoso è un progetto di housing sociale che ha preso il via nel marzo 2019 a Palermo. Come molti altri ha purtroppo subito dei rallentamenti a causa della pandemia, ma questo tempo è comunque servito per rafforzare relazioni e sviluppare i punti salienti. Ce lo illustra Carlo Valenti, responsabile Comunicazione del progetto, al quale chiediamo innanzitutto chi ne siano i promotori e quali siano i punti di forza.

“Il progetto si sviluppa prevalentemente su un’area di circa 3.500 mq nel territorio del Comune di Palermo di proprietà della Cooperativa San Carlo Borromeo da cui prende nome tutto il centro; essa, da diversi anni, gestisce il bene, consegnato in comodato d’uso gratuito dall’anziana dottoressa Passalacqua che negli anni lo ha reso un luogo di aggregazione e ricovero per i senzatetto ed anche per numerosi cani randagi. Nel bene ci sono diverse strutture: il corpo centrale in muratura dove incidono i locali comuni (mensa, chiesa, cucina, locali di supporto e 4 alloggi), diverse case in legno anch’esse adibite all’accoglienza dei senza tetto e una serra utilizzata per la coltivazione di prodotti utilizzati per il sostentamento degli homeless. Un gruppo di partner ha unito le forze per garantire uno sviluppo organico al centro e ha aderito al bando della Fondazione Con il Sud che sta sostenendo il progetto. Esso prevede diversi aspetti come il miglioramento delle strutture, l’accoglienza di nuovi bisognosi, la formazione di questi ed altri individui in stato di bisogno, la formazione pratica e l’avviamento verso l’autonomia abitativa e lavorativa. Le realtà che si sono unite sono l’Associazione HIMERA che è anche il capofila e dai partner Cooperativa San Carlo Borromeo, Associazione Terra Nostra e Associazione Cammino d’Amore. I punti di forza dell’idea progettuale sono: la presenza dell’area all’interno della città, l’intervento di personale qualificato con esperienza pluriennale nella gestione dei senza tetto e il sostegno di Fondazione con il Sud”.

A chi è rivolto e quali sono le modalità abitative e contemporaneamente d’inserimento socio lavorativo che avete previsto?

“Le abitazioni sono adatte ad accogliere sedici persone senza fissa dimora. Viene data priorità a famiglie monoparentali (in particolare donne sole con figli, famiglie monoreddito, famiglie numerose, ma anche giovani adulti, padri separati, anziani soli e nuovi cittadini per i quali la condizione giuridica incide in modo rilevante nel determinarne il rischio di esclusione) e giovani entro i 39 anni. L’inserimento socio lavorativo è rivolto sempre a queste sedici persone ma anche ad altre 8 che verranno avviate alle varie forme di formazione; frontale e learning on the job, con un successivo inserimento nel mondo del lavoro nella cooperativa che diventerà il fulcro della parte finale del progetto”.

Come selezionerete gli ospiti?

“Le prime fasi del progetto sono state incentrate nella consegna di un abstract progettuale agli uffici dei servizi sociali del Comune di Monreale e di Palermo e presso diverse altre realtà che si sono occupate dei senza tetto attorno all’area di intervento. Dopo la segnalazione di 50 individui si è proceduto con un orientamento che ci ha permesso di valutare nel dettaglio sia i bisogni che le potenzialità di ognuno in relazione alle fasi successive che prevedono formazione e inserimento lavorativo”.

Quali i tempi di permanenza che prevedete per gli ospiti?

“Il progetto prevedeva una permanenza di un anno per i primi otto beneficiari che sarebbero poi stati avviati verso l’autonomia abitative con un successivo ricambio per altri 8; ma nello specifico i problemi causati dalla pandemia hanno destabilizzato il programma generale e solo quest’ultimo allentamento delle procedure ci sta permettendo di riprendere il percorso di ricambio dei beneficiari”.

Il Centro San Carlo Borromeo è circondato da ampi spazi verdi dove avete previsto attività lavorative particolari. Ce le può illustrare?

“Il Centro San Carlo Borromeo è il cardine del progetto: oltre alle strutture abitative e di accoglienza l’area è composta da aree agricole coperte e scoperte con orti e da mandarineti.
Con il progetto stiamo riprendendo l’intera area e, nello specifico, stiamo effettuando la manutenzione alla serra; abbiamo poi realizzato dei canili per accogliere i randagi presenti nell’area e abbiamo ripulito la parte della struttura che diventerà un centro cinofilo. Inoltre sarà messo in piedi un allevamento di lumache. Entrambe le attività (il centro cinofilo e l’allevamento di lumache) garantiranno l’inserimento lavorativo dei beneficiari. I locali della cucina sono stati migliorati con le attrezzature da noi comprate ed istallate che dovrebbe diventare cucina in grado di garantire il catering. Con l’ultimo intervento lavorativo sono state aggiunte e migliorate le opere di coltura dei prodotti da orto, che verranno ultimate nei prossimi mesi”.

È anche peculiare la modalità di sviluppo del progetto che avete individuato: infatti, una volta formati, gli ospiti diventeranno a loro volta formatori. Può illustrarci questa interessante modalità?

“Il progetto ha previsto la formazione frontale e pratica dei 4 ambiti di intervento: 1) Cucina: dalle basi alla gestione di un gruppo di lavoro; i beneficiari apprenderanno come organizzare un servizio di fornitura catering. 2) Elicicoltura: allevamento di lumache e gestione della vendita. 3) Orto: coltivazione di ortaggi per l’auto-sussistenza del centro. 4) Dog Sitter: cura e gestione di cani affidati alla struttura per offrire al territorio un servizio di pensionato per cani e dog parking giornaliero. Successivamente le persone formate si prenderanno carico di seguire direttamente altri 8 beneficiari che approfitteranno delle competenze acquisite dai 16 nella formazione classica e che diventeranno a loro volta formatori di learning on the job. Lo spirito è quello di responsabilizzare i beneficiari ma soprattutto di creare uno spirito di interesse reiterato nel tempo che potrebbe dare frutti positivi alla motivazione dei nostri fruitori”.

Fate rete con altre realtà e/o con le istituzioni e qual è la relazione con queste ultime?

“Le nostre realtà da tempo operano con altre realtà sul territorio sia nell’ambito specifico quello della socialità tout court, anche perché crediamo vivamente che il non profit possa rafforzare i suoi propositi solo collaborando con una sempre più ampia fetta di realtà sia esse pubbliche che private che del profit che del non profit. Infatti la nostra rete di realtà ha già collaborato con le istituzioni pubbliche specifici (Uffici degli assistenti sociali dei Comuni), con la CARITAS e con altre associazioni. Le singole relazioni sono basate su elementi diversi, quelli formali con sottoscrizioni di adesioni al progetto e quelli informali condotti in maniera verbale e con interventi di aiuto fattivo”.

La pandemia ha fermato tutto o in parte lo sviluppo del progetto?

“Come ogni cosa anche il nostro progetto ha subito un rallentamento che ha continuato ad operare a vista adattando di volta in volta le azioni. Gli interventi inderogabili come la sistemazione in alloggio si sono mantenute ma la formazione e gli interventi di avviamento delle attività lavorative slittate in avanti rispetto al cronoprogramma. Ma è nostro intento dare massimo slancio non appena sarà possibile, sempre tenendo conto delle nuove procedure di anti contagio. L’accoglienza, l’assistenza e l’aiuto sono obiettivi che ogni individuo dovrebbe predisporre nei suoi interventi ancor di più quando gli elementi civili e sociali hanno subito uno stravolgimento (vedi emergenza COVID, guerre, violenze, povertà conclamata, ecc.). Ecco perché garantire una prospettiva ad ogni individuo deve essere un cardine operativo per tutte persone di buon senso. Non a caso il nostro slogan è ‘Il tuo riparo, il tuo riscatto, il tuo futuro'”.

(ITALPRESS).

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