Miceli “Nell’era post Covid un nuovo modello di città”

ROMA (ITALPRESS) – “La nostra formazione professionale è molto legata alla sperimentazione di idee nuove per il futuro della vita di una comunità. La pandemia ha stimolato e spinto gli architetti a ragionare sul modello futuro, che in qualche modo era già rappresentato in diversi studi, ricerche ed elaborazioni del recente passato”. Lo ha detto Francesco Miceli, presidente del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia Italpress.
“Nessuno poteva immaginare – ha spiegato – di dovere fare i conti con un’emergenza sanitaria di queste proporzioni. Anche per noi si è trattato di ragionare attorno a un modello nuovo di approccio alla realtà, per il nostro lavoro professionale con un effetto diverso, nel senso che per la natura della nostra professione ci occupiamo della realtà sociale, delle funzioni primarie della vita di una società: l’abitare, il lavorare, gli spazi comuni, i luoghi della cultura. Questo ha costretto ad avviare un processo di revisione di quello che potrebbe essere il modello di realtà urbana e territoriale del prossimo futuro”.
“Secondo me – ha evidenziato – l’idea prevalente è che la città del futuro debba avere, in termini temporali, una sua fase slow, nel senso che i cittadini possono vivere in una città policentrica e, con un rapido movimento, avere a disposizione le soluzioni alle proprie esigenze”. Un tempo, quindi, “slow” per muoversi “con tranquillità e risolvere i problemi della vita di tutti i giorni” ma anche una “dimensione fast, veloce, la possibilità di collegarmi con le altre realtà – ha detto – e farlo velocemente. Non più un centro e una periferia, ma una città policentrica”.
“Bisogna mettere in campo – ha poi aggiunto – programmi per costruire città in cui biotecnologia e digitalizzazione diventano il supporto fondamentale della vita di tutti i giorni”. Per Miceli, occorre però evitare “che tutto ciò si riduca a una società molto tecnologica venendo meno il tema dell’emozione e del sentimento che l’architettura, gli spazi pubblici e la città devono continuare a mantenere”.
Adesso c’è il Piano nazionale di ripresa e resilienza. “Il tema della digitalizzazione, del trasporto, della mobilità, della vita della città – ha affermato -, tutto questo mondo non può prescindere dall’essere investito dal tema della transizione ecologica. Il piano è supportato da un insieme di riforme strutturali, prima di tutto quella della pubblica amministrazione che è centrale nel nostro paese e ci consentirà di fare un salto in avanti, se riusciremo a realizzare una riforma adeguata. Mi sarei aspettato – ha aggiunto Miceli – che tra le riforme che venivano indicate ci fosse anche quella urbanistica. Abbiamo un sistema fondato sui principi della legge fondamentale urbanistica del 1942: sono passati 80 anni”.
In ogni caso, il presidente del Consiglio nazionale degli architetti ha chiarito che la categoria “è impegnata a sostenere un lavoro di ripresa e rinascita del Paese. Daremo un contributo – ha affermato – e lo faremo in termini di idee, proposte, supporto alle strategie che si metteranno in campo. È chiaro che su queste vogliamo anche dire la nostra”.
In merito al codice degli appalti, il “massimo ribasso” per Miceli non è “la soluzione migliore perché non dà garanzie sulla qualità di realizzazione dell’opera. Costringe l’impresa, per avere maggiore profitto – ha evidenziato -, a operare con tecniche e materiali non sempre adeguati”. Il presidente del Consiglio nazionale degli architetti ha espresso preoccupazione per “uno strumento che abbiamo in passato fortemente contestato, l’appalto integrato. È fondato – ha continuato – su un concetto per cui l’impresa, oltre all’esecuzione dell’opera, si occupa anche della progettazione definitiva ed esecutiva. Queste due fasi, il progetto e l’esecuzione dell’opera, secondo me dovrebbero essere ben distinte. Il progetto separato dall’esecuzione ci consente di fare un ragionamento molto serio sulla centralità e sulla qualità del progetto”. Il suggerimento, quindi, è quello di “ricorrere al concorso di progettazione, a un grado o a due gradi”. Inoltre, ha spiegato, “noi abbiamo una nostra piattaforma nazionale utilizzata anche dai ministeri, dai comuni e da tante stazioni appaltanti e siamo disposti a metterla al servizio del sistema Italia per poter fare questi concorsi garantendo anche tempi molto rapidi per l’individuazione del soggetto che dovrà realizzare il progetto e la qualità dell’opera”.
(ITALPRESS).

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