di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Ventiquattr’ore dopo Donald Trump, che dal podio dell‘Assemblea Generale aveva fatto tremare i muri del Palazzo di Vetro con il suo attacco frontale all’Onu e al segretario generale Guterres, e poche ore dopo l’intervento del presidente iraniano, è salita la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Lo ha fatto parlando in italiano – una lingua che non è tra le sei ufficiali delle Nazioni Unite – ma che, grazie al lavoro simultaneo dei traduttori nelle cabine, è risuonata in inglese, francese, russo, cinese, spagnolo e arabo. La premier ha voluto imprimere il suo segno in un contesto segnato dalle spaccature più profonde degli ultimi anni.
“Viviamo in una fase storica sospesa tra guerra e pace”, ha esordito, ricordando che nel mondo sono in corso 56 conflitti armati, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale. Sull’Ucraina, Meloni non ha esitato: “La Federazione Russa, membro permanente del Consiglio di Sicurezza, ha calpestato l’articolo 2 dello Statuto Onu”. Una condanna netta, con l’accusa a Mosca di non volersi sedere a nessun tavolo di pace. Sul Medio Oriente, la leader italiana ha cercato una linea difficile, quasi impossibile, tra le pressioni americane e la spinta europea. “Israele aveva diritto a difendersi, ma ha superato il limite della proporzionalità”, ha detto, annunciando che Roma voterà a favore di alcune sanzioni proposte dall’Ue. Ma subito ha ricordato che “la guerra è stata scatenata da Hamas, e Hamas può fermarla liberando gli ostaggi”.
Sul riconoscimento dello Stato palestinese, Meloni ha ribadito la linea storica dell’Italia, ma con paletti chiari: “Il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani e l’esclusione di Hamas dal futuro governo della Palestina”. È qui che si vede il tentativo di equilibrio: non isolarsi dall’Europa, che spinge per il riconoscimento immediato, ma non urtare gli Stati Uniti, che chiedono di aspettare. La premier ha poi rilanciato la battaglia italiana per una riforma delle Nazioni Unite: “Multilateralismo e diplomazia senza istituzioni che funzionano sono solo parole vuote”.
No a nuovi seggi permanenti, sì a una rappresentanza più equa, in linea con le proposte del gruppo Uniting for Consensus. Meloni ha anche difeso il Piano Mattei per l’Africa, rivendicando che “a differenza di altri attori, l’Italia non ha secondi fini” e annunciando la conversione di oltre 235 milioni di euro di debito in progetti di sviluppo. Non sono mancate le stoccate all’ambientalismo europeo: “I piani verdi stanno portando alla deindustrializzazione molto prima che alla decarbonizzazione“. Una linea che la colloca in sintonia con Trump, che ventiquattr’ore prima aveva definito la transizione energetica “un disastro”.
Il messaggio che emerge dal podio dell’Onu è quello di un’Italia che cerca di restare in equilibrio su un filo sottilissimo: solidale con Kiev, critica verso Israele ma senza sconfessare Washington, aperta al dialogo sull’Africa e attenta a non restare isolata in Europa. Come la Germania, anch’essa Paese sconfitto della Seconda guerra mondiale e con basi americane sul proprio territorio, l’Italia non può ancora permettersi una politica estera troppo indipendente dagli Stati Uniti. Ma prova comunque, tra un colpo al cerchio e uno alla botte, a tenere viva la sua voce.
-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).