di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – È difficile non cogliere il paradosso. Nel luogo simbolico della democrazia americana, lo Studio Ovale, il presidente Donald Trump ha attaccato una giornalista per avere posto una domanda legittima su Jeffrey Epstein, l’ex finanziere morto nel 2019 in custodia federale e accusato di traffico sessuale di minorenni. A pochi centimetri da lui sedeva Mohammed bin Salman, il principe ereditario saudita che la CIA considera responsabile dell’uccisione e dello smembramento del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi nel consolato saudita di Istanbul.
Quando la reporter di ABC ha chiesto al presidente perché avesse atteso così a lungo prima di autorizzare la pubblicazione integrale dei file sul caso Epstein, Trump ha replicato con irritazione: “Non è la domanda che mi dà fastidio, è il tuo atteggiamento. Sei una pessima giornalista. Qualcuno alla ABC ti ha fatto il lavaggio del cervello”.
Poi, rivolgendosi ai collaboratori, ha aggiunto: “Forse dovremmo cominciare a valutare se ABC meriti ancora una licenza per trasmettere negli Stati Uniti…”
Parole che hanno immediatamente sollevato allarme nelle associazioni per la libertà di stampa: l’idea che il Presidente degli Stati Uniti minacci la revoca della licenza di una rete televisiva nazionale per una domanda sgradita rappresenta quello che molti analisti definiscono un chilling effect, un effetto intimidatorio che scoraggia i giornalisti dal porre domande di interesse pubblico.
L’episodio arriva a 48 ore da un altro caso già diventato virale: durante un incontro con la stampa, Trump aveva interrotto la reporter di Bloomberg Catherine Lucey dicendole: “Quiet, quiet, piggy” (stai zitta, porcellina).
Oggi il contesto diplomatico dal quale è scaturito l’episodio non è meno controverso: accogliendo alla Casa Bianca bin Salman con toni insolitamente calorosi, Trump ha difeso l’ospite quando un giornalista ha citato la responsabilità saudita nell’omicidio di Khashoggi, dicendo che lui non ne sapeva nulla e poi “molte persone non amavano quell’uomo… le cose succedono”.
Se porre una domanda al presidente degli USA su un caso di cui si discute in tutta l’America e di cui oggi il Congresso si esprimerà con un voto, è già considerato un atto ostile, che cosa resta del giornalismo di controllo nei confronti del potere?
Quanto questo clima rischia di generare autocensura, soprattutto su temi che toccano potenziali responsabilità o omissioni presidenziali nella mancata pubblicazione delle liste e degli atti collegati alla rete criminale di Epstein?
Il principio costituzionale tuttavia rimane intatto, anche se messo alla prova: negli Stati Uniti la stampa non solo può, ma deve chiedere conto al potere. Il rischio oggi è che quell’arma, invece di essere protetta, venga intimidita proprio dalla più alta carica della democrazia americana.
– foto IPA Agency –
(ITALPRESS).









