di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Dopo mesi di rinvii, pressioni politiche e tentativi di insabbiamento, la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti vota stasera l’Epstein Files Transparency Act, la legge che impone al Dipartimento di Giustizia il rilascio integrale dei dossier sul traffico sessuale organizzato da Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell. A sbloccare l’impasse non sono stati né la Casa Bianca né la leadership repubblicana, ma un fronte trasversale guidato dai deputati Ro Khanna (Dem), Thomas Massie (Rep) e Marjorie Taylor Greene (Rep), circondati da sopravvissute che hanno trasformato il Capitol in una requisitoria morale. La conferenza stampa, davanti alla scalinata del Campidoglio, è stata ancora una volta un pugno nello stomaco, con in mostra le foto di adolescenti abusate. Wendy, oggi madre, ha gridato ciò che molti americani non riescono più a ignorare: “Per favore, approvate la legge. Per favore, rilasciate i dossier. Smettetela di farci combattere da sole per una verità che avrebbe dovuto proteggerci fin dall’inizio”. Haley Robinson, rivolta direttamente al potere politico, ha dichiarato: “Sono traumatizzata, non sono stupida. Siamo state sottoposte a così tanto stress. Questo è un Paese libero, ma oggi non mi sento libera”. Danny Bensky ha evocato l’immagine che nessun legislatore vorrebbe vedere nella propria coscienza: “Chiudete gli occhi e pensate a una bambina tra i 14 e i 18 anni. Ora immaginatela davanti alle porte di legno della casa di Epstein. La fareste entrare? Se la risposta è sì, state con i predatori. Se la risposta è no, allora siete dalla parte della giustizia”.
Annie Farmer ha demolito ogni tentativo di piegare il caso a propaganda elettorale: “Non è la storia di pochi democratici corrotti o di pochi repubblicani corrotti. È un tradimento istituzionale”. Ha ricordato che denunce ignorate, insabbiamenti e accordi segreti sono avvenuti sotto le amministrazioni Clinton, Bush, Obama, Trump, Biden e di nuovo Trump: una linea continua di mancata trasparenza “istituzionale”. La bomba politica della giornata l’ha lanciata Marjorie Taylor Greene, fino a pochi giorni fa volto emblema della fedeltà a Trump. Davanti alle telecamere la deputata ha accusato il suo stesso leader: “È stata una delle cose più distruttive per il movimento MAGA vedere l’uomo che abbiamo sostenuto dire che siamo traditori solo perché vogliamo trasparenza“. E ancora: “Sono stata chiamata traditrice da un uomo per il quale ho combattuto cinque, no, in realtà sei anni. Gli ho dato la mia lealtà gratis, e lui mi ha chiamato traditrice perché mi sono schierata con queste donne e ho rifiutato di ritirare il mio nome dalla petizione”. Greene ha poi restituito la parola “traditrice” proprio al suo accusatore: “Un traditore è un americano che serve Paesi stranieri e sé stesso. Un patriota è un americano che serve gli Stati Uniti d’America. E americani come le donne qui dietro di me”. E ancora: “Non prendo più sul serio le parole, solo le azioni. L’unica cosa che parlerà per i potenti e le coraggiose sopravvissute è la liberazione dei dossier”.
Dopo aver per mesi ostacolato il voto, lo Speaker repubblicano Mike Johnson ha tentato una complessa giustificazione politica, accusando l’opposizione di strumentalizzare la vicenda: “Questo non è trasparenza, è un esercizio politicoà I democratici vogliono collegare Trump allo scandalo”. Ha definito il testo legislativo “pericolosamente difettoso” sostenendo che potrebbe “rivelare l’identità delle vittime” e persino “creare nuove vittime”. Poi ha aggiunto: “Il provvedimento andrà avantià non perché sia scritto bene, ma perché abbiamo registrato le nostre obiezioni”. Una posizione che molti attivisti definiscono ossimorica: se Johnson ritiene la legge una minaccia per le vittime, perché accetta di farla passare? La risposta implicita è politica: da ieri anche Trump, ostile per mesi alla trasparenza, ha improvvisamente dichiarato che “firmerebbe” la legge. In chiusura, Teresa, un’altra sopravvissuta, ha fissato l’obiettivo di ciò che sta accadendo: “Senza trasparenza non c’è responsabilità. Senza responsabilità non c’è giustizia. E senza giustizia, la democrazia muore”. Le vittime ora chiedono tempi rapidi anche al Senato e che la legge arrivi subito dopo sul tavolo presidenziale: “Quando il Presidente incontrerà le sopravvissute, sarà impossibile non agire”, ha detto Khanna.
– foto IPA Agency –
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