di Stefano Vaccara NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Donald Trump non riesce più a scappare dallo scandalo Epstein. Secondo un nuovo scoop del Wall Street Journal, il ministro della Giustizia Pam Bondi e il suo vice Todd Blanche avevano informato Trump già a maggio che il suo nome compariva “più volte” nei file del Dipartimento di Giustizia su Jeffrey Epstein.
File pieni di contatti, lettere, tutti elementi esplosivi. Ma il presidente, incalzato da un giornalista a metà luglio, aveva negato tutto: “No, mai saputo nulla da Bondi”. Bugia. E ora a dimostrarlo c’è la prova. Il WSJ ha pubblicato la nota interna al DOJ e la ricostruzione del colloquio a porte chiuse. Il problema? Non è tanto il contenuto dei file – che, va detto, non implicano automaticamente reati – ma il tentativo goffo e sistematico di insabbiare, coprire, mentire. Nixon nel Watergate docet. Nel frattempo, giovedì, il Dipartimento di Giustizia ha inviato un suo alto funzionario nel carcere federale di Tallahassee per incontrare nientemeno che Ghislaine Maxwell, la compagna di Epstein nelle avventure criminali. Non è ancora chiaro se si tratti di un tentativo di negoziare un patto, e in cambio di quali rivelazioni?
Ma la notizia ha riacceso i sospetti. Soprattutto alla luce della mossa del Congresso: ben nove repubblicani si sono uniti ai democratici per approvare una risoluzione che obbliga il DOJ a rendere pubblici tutti i documenti sulle indagini contro Epstein. Una mossa che ha gettato nel panico lo Speaker Mike Johnson, che ha deciso di chiudere i lavori e mandare il Congresso in vacanza in anticipo pur di evitare il voto finale.
Secondo il suo avvocato, Maxwell ha risposto a “tutte le domande” poste dal vicedirettore del DOJ Todd Blanche – lo stesso che in passato ha difeso Trump – senza mai invocare privilegi. L’incontro, durato un’intera giornata, è stato organizzato direttamente da Blanche, che ha voluto condurre di persona un interrogatorio definito “senza implicazioni investigative dirette”, ma chiaramente finalizzato a contenere il disastro politico. Il dettaglio più scottante rimane la presenza di un “birthday book” del 2003, redatto da Maxwell per Epstein, in cui appare anche una poesia firmata da Trump.
Il libro, secondo l’avvocato delle vittime Brad Edwards, è ancora nelle mani dell’Epstein Estate, pronta a consegnarlo su richiesta formale. La base MAGA, da sempre ossessionata dal “client list” di Epstein, si sente tradita. Trump lo sa e come un pugile all’angolo, cerca di difendersi, ma incassa colpi su colpi. Allora eccolo contrattaccare, ma non su Epstein, ma su… Barack Obama!
Venerdì scorso Tulsi Gabbard, ora alla guida delle agenzie d’intelligence, ha accusato pubblicamente l’ex presidente di aver orchestrato un “complotto eversivo” contro Trump tra il 2015 e il 2016. Poi è arrivato l’annuncio: la creazione di una “Strike Force” del DOJ per indagare su Obama. E infine, il capolavoro trumpiano: un video generato con intelligenza artificiale in cui Obama viene arrestato, diffuso dallo stesso Trump, seguito da dichiarazioni allucinanti dallo Studio Ovale, in cui il presidente accusa Obama di “alto tradimento”. Si è superato ogni limite? Ignorare tutto questo come un chiaro diversivo sul caso Epstein sarebbe un errore.
Perché qui si mobilita la potenza dello Stato, non solo di un tweet. C’è il potere esecutivo, il Dipartimento di Giustizia, l’intelligence, scatenati all’assalto di un ex presidente e fermarsi diventa difficile quando si ha una base sempre più affamata di vendetta. Ma se nemmeno Obama bastasse a saziare la furia dei MAGA? Se il “bisteccone” lanciato ai fedelissimi non riuscisse a distogliere dal legame che si rivela sempre più stretto tra Trump e Epstein? Quale altra Diversion tactic resterebbe? In queste ore Trump minaccia nuove tariffe contro l’Europa, pur affermando che un accordo al 15% è “vicino”.
Ha ribadito che Powell deve abbassare i tassi d’interesse “di almeno tre punti”. E – tra una smentita e l’altra sul caso Epstein – ha incontrato il presidente della Fed alla sede della banca centrale per esercitare ulteriore pressione. Intanto la tensione cresce anche su altri fronti geopolitici, come con l’ Iran, con Hamas a Gaza e ancora con la Cina.
Cosa accadrebbe se, nel tentativo estremo di sfuggire alla morsa dello scandalo interno, Trump venisse attirato dallo scatenare il caos internazionale? Non è fantapolitica. In passato, presidenti in difficoltà hanno contemplato l’opzione militare per distrarre l’opinione pubblica.
The Atlantic ricorda nel suo ultimo numero di agosto che “la decisione finale di usare l’atomica resta ancora nelle mani del presidente, e di lui solo”. Intanto il mastino Wall Street Journal, liberato da Rupert Murdoch, continua a mordere, stringendo la morsa dello scandalo Epstein sulla presidenza Trump. Proprio come ha detto con sarcasmo il comico Stephen Colbert, “this scandal refuses to Epstein itself”. (Questo scandalo si rifiuta di suicidarsi da solo).
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS)