Cervelli al Sud, da Manchester a Bari per la ricerca sulle malattie neuromuscolari

ROMA (ITALPRESS) – Ornella Cappellari, proveniente dall’Università di Manchester, UK sta sviluppando il progetto “Optogenetic engineered artificial muscle” presso il Dipartimento di Farmacia e Scienze del Farmaco dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro.
La dottoressa Cappellari è nata a Varese 36 anni fa. “Mi sono laureata in Biologia applicata alla ricerca Biomedica all’Università degli studi di Milano” racconta. “Durante l’anno di tesi sperimentale, eseguita nel laboratorio del professor Giulio Cossu all’ospedale San Raffaele, mi sono appassionata alla ricerca, e ho deciso di continuare con un dottorato nel medesimo laboratorio. Il laboratorio del professor Cossu si è poi trasferito in Inghilterra, a Londra, e successivamente a Manchester. Ho seguito il professor Cossu a Londra, ma nel momento del trasferimento a Manchester ho cambiato laboratorio e ho svolto un post-dottorato nel laboratorio del prof. Wells al Royal Veterinary College rimanendo all’estero quasi dieci anni.
Quale il suo ambito di ricerca?
Ho sempre lavorato sulle malattie neuromuscolari in particolare sulla distrofia muscolare di Duchenne, una patologia neuromuscolare degenerativa. Durante gli anni londinesi ho iniziato a sviluppare l’idea di un muscolo artificiale che potesse “snellire” la sperimentazione preclinica per le malattie neuromuscolari.
La ricerca che sto effettuando intende sviluppare un muscolo artificiale tridimensionale interamente in vitro, da utilizzare come modello per la caratterizzazione della Distrofia Muscolare di Duchenne e di altre patologie legate al muscolo scheletrico. Inoltre, il muscolo artificiale potrà essere utilizzato per diversi test farmacologici, utili all’individuazione di terapie personalizzate per curare le malattie del muscolo. L’utilizzo di tecniche innovative consentirà al muscolo artificiale di contrarsi se sottoposto a stimolo luminoso (al posto del più consolidato ma molto meno efficiente stimolo elettrico) simulandone la funzionalità. I vantaggi saranno sia sul piano etico, dovuto all’abbattimento del numero degli animali nella ricerca, sia sul piano economico, grazie alla diminuzione dei costi per i test farmacologici, sia a livello di tempistiche, in quanto questo potrebbe ridurre notevolmente la durata della parte preclinica.
Perchè ha scelto di partecipare al bando e quindi di rientrare in Italia?
Svariati sono motivi per cui ho deciso di tornare in Italia. Dal punto di vista lavorativo, il laboratorio ospite, quello della professoressa De Luca al dipartimento di Farmacia Scienze del Farmaco dell’università di Bari, rappresenta un’eccellenza nel campo della distrofia muscolare in Italia e a livello internazionale. Inoltre, le precedenti collaborazioni con questo gruppo e la validità dei ricercatori mi hanno spinto a voler portare la mia esperienza estera in Italia. Fondazione con il Sud offre un’opportunità unica ai ricercatori che vogliono rientrare dall’estero, in particolare nel Sud Italia, finanziando progetti innovativi e ambiziosi in modo trasparente: permette ai “cervelli in fuga” di tornare, valorizzando quindi il capitale umano.

Quali i risvolti di questa scelta a livello personale e lavorativo?
A livello lavorativo è sempre appagante riuscire a lavorare nel proprio Paese seppur con le difficoltà esistenti e che tutti conosciamo, anche se, dopo quasi 10 anni fuori, ho trovato un Italia migliore di quella che ho lasciato. Inoltre il team del laboratorio ospite e il loro expertise saranno fondamentali per lo sviluppo ottimale del progetto. L’aver vinto un finanziamento importante e competitivo, porta un valore aggiunto notevole al curriculum. Sul piano personale ci sono diversi vantaggi, sia io che il mio compagno siamo italiani, e dopo un pò, qualora le condizioni lo permettano, ha senso tornare nel proprio Paese.
Quali relazioni ha mantenuto con l’Università all’estero?
Con le due università inglesi nelle quali ho lavorato il rapporto di collaborazione è rimasto attivo e spero rimanga tale anche nel futuro visto che nella ricerca lo scambio e il confronto sono necessari, se non indispensabili.
Che futuro immagina?
Spero in un futuro dove la mobilità dei ricercatori sia più facile. Spero anche che l’apparato burocratico italiano si rinnovi permettendo così a ricercatori dall’estero di venire in Italia a fare ricerca in maniera più agile. Ritengo che questo sia uno degli scogli fondamentali da superare nel nostro Paese per cominciare ad essere un pò più internazionali.
(ITALPRESS).

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