BASSA ISTRUZIONE E POVERTÀ, E’ EMERGENZA

Un minore su 8 si trova in povertà assoluta, e le famiglie più povere tendono a essere quelle con il livello di istruzione più basso. Sono alcuni dei dati che emergono dall’aggiornamento delle statistiche sulla povertà in Italia da parte di Istat. Nell’ultimo biennio rilevato, il dato si attesta su 5 milioni di persone, ovvero l’8,4% dei residenti in Italia.

Un dato preoccupante, il punto di partenza – secondo Openpolis – per valutare come gli effetti della crisi economica iniziata circa 10 anni fa non siano ancora esauriti. In particolare per le bambine e i bambini: un povero assoluto su 4 ha infatti meno di 18 anni. Oltre ai valori assoluti però, dai dati Istat emergono anche altre due tendenze altrettanto preoccupanti, a cui è stata dedicata minore attenzione. Primo, non accenna a ridursi la forbice tra giovani e anziani: la quota di minorenni in povertà è quasi tre volte superiore a quella degli over 65. Secondo, e preoccupante soprattutto per il futuro dei bambini: continua a consolidarsi il legame tra bassa istruzione e povertà. 

In un mondo che richiede competenze sempre più elevate, si allargano le distanze tra chi le ha e chi no.

Distanze che solo un’istruzione equa, diffusa e di qualità per tutti può ridurre. Con la crisi i minori sono la fascia demografica che ha visto peggiorare di più la propria condizione. Nel 2005 si trovava in povertà assoluta il 3,9% dei giovani con meno di 18 anni. Nell’ultimo decennio questa percentuale è più che triplicata (12,6%, stando ai dati 2018 appena rilasciati). L’ultimo aggiornamento dei dati indica anche che la forbice giovani-anziani, allargatasi a dismisura durante la crisi, resta ancora molto ampia. All’inizio della serie storica, non c’era grande distanza tra under 18 e over 65 (e anzi, in questi ultimi la povertà era più frequente). La situazione si è progressivamente capovolta: oggi la quota di minori in povertà assoluta è 2,7 volte superiore a quella degli anziani.

Il rapporto Istat offre anche la possibilità di approfondire la condizione dei minori, disaggregata per fasce d’età. 

La situazione più grave riguarda i bambini tra 7 e 13 anni: il 13,4% è povero. Ma, anche tra i ragazzi di 14-17 anni e tra i bimbi con meno di 6 anni, l’incidenza resta più elevata della media nazionale.

L’altro elemento su cui riflettere è quanto una condizione economica svantaggiata possa avere radici anche in un divario educativo. Se la persona di riferimento ha il diploma o la laurea, la famiglia è povera in meno del 4% dei casi. 

Con la licenza media, la quota sale al 9,8%; con quella elementare all’11%. Ed è interessante provare a individuare, nei dati dell’istituto di statistica, il trend nell’ultimo triennio: più stabile per i laureati; in sensibile crescita per gli altri.

La conseguenza è che nelle famiglie senza diploma la povertà assoluta è quasi 3 volte più frequente di quelle dove la persona di riferimento è diplomata o laureata. Questa tendenza è aggravata da una specificità italiana, la scarsa mobilità sociale. Nel nostro paese i figli di chi non è diplomato, tendono a loro volta a non diplomarsi. Si instaura così un circolo vizioso tra condizione economica e educativa: chi nasce in una famiglia povera ha a disposizione meno strumenti per sottrarsi a questa condizione, da grande. Un problema sociale, perché rende la povertà ereditaria e finisce con l’aggravare la situazione dei territori già deprivati. 

I dati Istat mostrano queste tendenze sul livello nazionale. Ma il rapporto tra povertà e istruzione è un tema anche e soprattutto locale. Riguarda la possibilità per i territori deprivati di migliorare la propria condizione, investendo sul capitale umano di chi ci vive. Il Mezzogiorno ad esempio si caratterizza per livelli di povertà assoluta più elevati (11,4% di persone povere, contro il 6,9% del nord e il 6,6% del centro Italia), ed è anche l’area del paese con i livelli d’istruzione più bassi. Infatti agli ultimi posti per percentuale di adulti diplomati figurano tutte le regioni meridionali più popolose: Puglia, Sicilia, Sardegna, Campania e Calabria. Ma questi fenomeni possono essere osservati anche in una scala minore, come quella di una città. Bastano infatti pochi chilometri di distanza per far emergere profondi divari, sia in termini di disagio economico che di livelli di istruzione. Guardando la mappa di Roma per zone urbanistiche, si nota come quelle con minore scolarizzazione siano anche generalmente quelle con più famiglie in difficoltà economica. Alcuni esempi: nelle 20 zone di Roma con più diplomati, quasi tutte hanno una percentuale di famiglie in disagio molto contenuta, inferiore al 2%. Al contrario, nelle zone con meno diplomati, la quota di famiglie in difficoltà raggiunge generalmente i livelli più alti. Questi dati, in linea con il trend nazionale, confermano quanto povertà e bassa istruzione siano legati. E indicano che la povertà va affrontata come un fenomeno multidimensionale, che riguarda prima di tutto le opportunità educative che vengono offerte a bambini e ragazzi.

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