AL MONDIALE NON SI E’ SENTITA L’ASSENZA DELL’ITALIA

Il Qatar ha cominciato la sua grande festa con due eventi di segno contrario. Lunedì 21 novembre la partita Inghilterra-Iran 6-2 ha portato sulla scena il tema dominante la vigilia: non i gol degli inglesi ma il loro inginocchiarsi sul campo in segno di solidarietà con le vittime del razzismo; non la flebile resistenza degli iraniani ma il mutismo esibito in difesa dei diritti umani mentre echeggiava l’Inno del loro paese.
Fiumi di parole e d’inchiostro, poi il martedì è entrato in campo il Calcio. E l’Argentina di Messi, piegata dall’Arabia Saudita con due gol di Saleh Al Shehri e Salem Al Dawsari, ha ufficialmente aperto uno dei Mondiali più divertenti e più visti della storia.
In queste ore Gianni Infantino, risorgente dal buio in cui era stato costretto dai media, ha annunciato i due miliardi di telespettatori della prima fase, i cinquantamila spettatori mediamente seduti negli stadi con entusiasmo leggibile sui loro volti e partecipazione nazionalista dipinta sui loro corpi. Qualcuno aveva malignato su scorte di qatarini arruolati dalla Fifa e vestiti con i colori delle varie nazioni fingendoli stranieri veri, in realtà abbiamo potuto vedere con i nostri occhi la partecipazione verace di decine di migliaia di argentini, messicani, senegalesi, brasiliani, croati, gallesi, spagnoli, fino alla clamorosa festa rossoverde dei quarantamila magrebini durante una delle partite più belle e significative, la vittoria del Marocco sulla Spagna, il nuovo che avanza con le antiche armi italiche del Catenaccio & Contropiede, il vecchio che esce di scena avendo troppo creduto nella più noiosa espressione calcistica moderna, il Tikitaka.
Il Mondiale che verrà nelle prossime ore – tanta Europa (Olanda, Croazia, Inghilterra, Francia e Portogallo), poco ma eccellente Sudamerica (Brasile che balla, Argentina che soffre) e il miracoloso Marocco – ha già lasciato alle spalle le polemiche, virtualmente scomparse insieme alla Germania senza volto, e presenta una sorta di minimondiale decisivo: il PSG dell’Emiro del Qatar contro il Resto d’Europa; l’Argentina di Messi, il Brasile di Neymar e la Francia di Mbappè subito affrontate dall’Olanda, dalla Croazia e dall’Inghilterra.
Alle ansie degli argentini e alle danze dei brasiliani preferisco la inattesa perfezione dei francesi che hanno ritrovato un’antica force de frappe, una potenza offensiva – esibita da Mbappè e Giroud favolosi sostituti di Benzema – tale da riportare alla mente l’impresa record di Just Fontaine che nel 1958 segnò 13 reti. Vagando nella storia, vincendo il secondo Mondiale consecutivo per la stessa Nazione Deschamps eguaglierebbe il record di Vittorio Pozzo. Dettaglio importante: il “diverso” di questa fortunata edizione è tutto in Marocco-Portogallo, o i rivoluzionari del Magreb o i centurioni di Re Ronaldo – ingiustamente perseguitato da commentatori annichiliti dalla sua totale ricchezza – chiamati a infastidire i Potenti.
Ultima annotazione: non si è sentita l’assenza dell’Italia. I grandi ascolti televisivi hanno cancellato ogni segno di nazionalprovincialismo. Giochi e vinca il migliore. Anche in futuro. A Mancini è rimasto il motto di Nereo Rocco: “Speremo de no”.

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