
ROMA (ITALPRESS) – Ci siamo inoltrati nell’età selvaggia, del ferro e del fuoco: il 30% degli italiani adesso ha una convinzione inaudita, quella che le autocrazie sono più adatte allo spirito dei tempi. E’ quanto si legge nel rapporto Censis 2025, giunto alla 59ma edizione. L’Italia spende più per interessi (85,6 miliardi) che per investimenti (78,3 miliardi): superano dieci volte le risorse destinate alla protezione dell’ambiente (7,8 miliardi). Il lungo autunno industriale rischia di scivolare nel gelido inverno della deindustrializzazione (non basta l’antidoto del riarmo). E sale la febbre del ceto medio, nonostante l’arte arrangiatoria degli italiani. Entrando nel dettaglio del rapporto si legge che la regressione demografica, con il progressivo invecchiamento della popolazione e i tassi di natalità in caduta libera, provoca l’arresto dei processi di proliferazione delle piccole imprese. In vent’anni (2004-2024) il numero dei titolari d’impresa si è assottigliato da oltre 3,4 milioni a poco più di 2,8 milioni: -17,0% (quasi 585.000 in meno). I giovani imprenditori con meno di 30 anni sono diminuiti nello stesso periodo del 46,2% (quasi 132.000 in meno).
E se il reddito delle piccole imprese (fino a 5 addetti) corrispondeva al 17,8% del Pil nel 2004, e poi era sceso al 15,7% nel 2014, nel 2024 si è ridotto al 14,0%. Si indebolisce anche l’altro pilastro: il lavoro. Nel 2024 il valore reale delle retribuzioni risulta inferiore dell’8,7% rispetto al 2007. Nello stesso periodo il potere d’acquisto pro capite ha subito un taglio del 6,1%, nonostante il recente parziale recupero (+2,0% tra il 2022 e il 2024). Così il ceto medio vive in uno stato febbrile: nella stagnazione o, peggio ancora, rischia di perdere lo status conquistato nel tempo.
L’inflazione ha condizionato pesantemente i comportamenti di consumo delle famiglie. Nel 2024 i prezzi erano più alti del 17,4% rispetto al 2019 e il carrello della spesa (i beni alimentari e per la cura della casa e della persona) era più caro del 23,0%. Si è speso di più, ma si è consumato di meno. Nei cinque anni il costo dei generi alimentari è aumentato del 22,2%, ma il volume effettivamente acquistato si è ridotto del 2,7%. La forbice è ampia anche per vestiario e calzature: +4,9% in valore e -3,5% in volume. I servizi assicurativi e finanziari sono aumentati del 47,3% in termini nominali, ma l’utilizzo si è ridotto del 2,0%. I soli servizi finanziari (pari al 3,2% della spesa delle famiglie, ovvero 40 miliardi di euro) hanno registrato un aumento del prezzo del 106,2% nel periodo 2019-2024.
IN 15 ANNI RICCHEZZA FAMIGLIE DIMINUITA DELL’8,5%
Tra il primo trimestre del 2011 e il primo trimestre del 2025 (quasi quindici anni) la ricchezza delle famiglie italiane è diminuita in termini reali dell’8,5%. Il 50% delle famiglie più povere ha visto diminuire la propria ricchezza del 23,2%, le famiglie distribuite tra il sesto e l’ottavo decile hanno subito una riduzione del patrimonio iniziale tra il 35,3% e il 24,3%, tra le famiglie del nono decile la diminuzione è stata del 17,1%, mentre il 10% delle famiglie più ricche ha visto aumentare la propria ricchezza del 5,9%. All’inizio del 2025, il 60% della ricchezza nazionale è posseduto da 2,6 milioni di famiglie appartenenti al decimo decile. Di più: il 48% della ricchezza è in mano a 1,3 milioni di famiglie che costituiscono il 5% delle famiglie più abbienti. La quota di ricchezza detenuta da 13 milioni di famiglie che si trovano invece alla base della piramide patrimoniale è scesa dall’8,7% del 2011 al 7,3% del 2025.
5,4 MLN DI STRANIERI VIVONO IN ITALIA
Sono più di 5,4 milioni gli stranieri che vivono in Italia (il 9,2% della popolazione residente), ma la gran parte si trova in condizioni di marginalità. Il 29,0% dei lavoratori stranieri (che sono in totale 2.514.000, ovvero il 10,5% degli occupati) è a tempo determinato o ha un impiego part time involontario (tra gli italiani la quota corrispondente si ferma al 17,2%). Il 29,4% svolge un lavoro non qualificato (l’8,0% tra gli italiani) e il 55,4% degli occupati stranieri laureati risulta sovraqualificato, ovvero possiede un titolo di studio troppo elevato per il lavoro svolto (il 18,7% tra gli italiani). Il 35,6% degli stranieri vive sotto la soglia della povertà assoluta (il 7,4% tra gli italiani). Siamo inclini a guardare con favore gli stranieri quando svolgono lavori faticosi e poco qualificati, o quando accudiscono gli anziani e i bambini, ma non siamo propensi a concedere loro gli stessi diritti di cittadinanza degli autoctoni.
Il 63% degli italiani pensa che i flussi in ingresso degli immigrati vadano limitati, il 59% è convinto che un quartiere si degrada quando sono presenti tanti immigrati, il 54% percepisce gli stranieri come un pericolo per l’identità e la cultura nazionali, solo il 37% consentirebbe l’accesso ai concorsi pubblici a chi non possiede la cittadinanza italiana e solo il 38% è favorevole a concedere agli stranieri il voto alle elezioni amministrative.
AUMENTA ASPETTATIVA DI VITA, NEL 2045 OVER 65 ANNI IL 34,1% POPOLAZIONE
L’Italia continua a invecchiare rapidamente. Le persone dai 65 anni in su rappresentano il 24,7% della popolazione (14,6 milioni di persone): erano il 18,1% nel 2000 (10,3 milioni) e il 9,3% nel 1960 (4,6 milioni). L’aspettativa di vita è arrivata a 85,5 anni per le donne e 81,4 per gli uomini: circa 5 mesi in più solo nell’ultimo anno. E i centenari, 594 nel 1960, diventati 4.765 nel 2000, oggi sono 23.548. Nel 2045 le persone dai 65 anni in su saranno aumentate di quasi 4,5 milioni e raggiungeranno i 19 milioni (il 34,1% della popolazione). Il desiderio di prolungare l’esistenza sfuggendo alle malattie è la regola che accomuna la nuova generazione di anziani. Una tendenza a vivere come eterni adulti, senza limitazioni legate all’avanzare dell’età. Con la consapevolezza di custodire e trasmettere in eredità risorse, non solo materiali, di cui le giovani generazioni non potranno godere in ugual misura.
ROMA AL PRIMO POSTO PER NUMERO REATI COMMESSI, SEGUE MILANO
A 3 residenti su 4 nelle grandi realtà urbane (il 73,4% del totale) è capitato almeno una volta di essere stato vittima o testimone di un evento pericoloso. In particolare, il 54,9% ha assistito almeno una volta a una rissa e l’11,1% è stato direttamente coinvolto, il 40,2% è stato testimone di uno scippo o di un borseggio e il 26,1% è stato scippato o borseggiato, il 23,6% ha subito molestie sessuali di vario genere e gravità, il 10,7% è stato aggredito da uno sconosciuto.
Roma è al primo posto in Italia per numero di reati commessi (271.779 nel 2024), seguita da Milano (226.860 reati). Anche in rapporto al numero di residenti, al primo posto c’è Milano (con 69,9 reati ogni 1.000 abitanti) e Roma è al terzo posto (con 64,3 reati ogni 1.000 abitanti). Ma nel primo semestre del 2025 i reati commessi a Roma si sono ridotti del 7,0% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e a Milano dello 0,9%. A gonfiare il dato relativo ai furti a Roma sono i borseggi: nel 2024 nella capitale ne sono stati denunciati 33.468, il 23,8% del totale nazionale, compiuti a un ritmo di 92 al giorno. Segnali positivi vengono anche in questo caso dai primi sei mesi del 2025, quando i borseggi a Roma si sono ridotti del 13,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Sia a Roma che a Milano aumentano le rapine in pubblica via. A Milano nel 2024 sono state 2.624, in crescita del 32,1% rispetto all’anno pre-pandemia. Nello stesso anno a Roma ne sono state commesse 2.016, il 51,5% in più di quelle commesse nel 2019. Anche questi reati nei primi sei mesi del 2025 si riducono: del 18,4% a Milano e del 24,5% a Roma, rispetto a una contrazione media nazionale dell’8,4%. Preoccupante è il dato sulle violenze sessuali, che a Milano nel 2024 sono state 691 (circa il 10% del totale nazionale), con un incremento del 67,3% rispetto al 2019, e a Roma 510, in crescita del 22,3%. Anche le violenze sessuali nel 2025 sono in diminuzione: nel primo semestre fanno registrare un calo del 20,8% a Milano e del 16,2% a Roma (-11,7% in Italia).
PAPA LEONE LEADER IN CUI CREDONO GLI ITALIANI, POLITICI IN CALO
Secondo il 72% degli italiani la gente non crede più ai partiti, ai leader politici e al Parlamento. Il 63% è convinto che si sia spento ogni sogno collettivo in cui riconoscersi. L’unico leader con una proiezione globale che ottiene la fiducia della maggioranza degli italiani (60,7%) è Leone XIV. Seguono Sánchez (44,9%), Merz (33,5%), von der Leyen (32,8%), Macron (30,9%), Starmer (29,0%), Lula (23,0%), Trump (16,3%), Modi (14,9%), Xi Jinping (13,9%), Putin (12,8%), Orbán (12,4%), Erdogan (11,0%), Netanyahu (7,3%), Khamenei (7,3%), Kim Jong-un (6,1%).. Assistiamo a un capovolgimento dei ruoli nel rapporto tra élite e popolo. Da una parte ci sono i leader europei – il nostro nuovo pantheon politico – con i volti sgomenti come pugili suonati, sotto i colpi sferrati da est e da ovest.
Invece di rassicurare, esercitando la tradizionale funzione dell’offerta politica, eventualmente con il ricorso spregiudicato alla menzogna, annunciano la catastrofe, ci mettono davanti al pericolo di morte: la guerra imminente, la irrimediabile perdita di competitività del continente, l’ineluttabile deriva demografica, la marea inarginabile dei migranti, il collasso climatico. Dall’altra ci sono gli italiani, per i quali non è scattato l’allarme rosso: l’apocalisse può attendere. Non si segnalano tentazioni di radicalizzazione: per il 47% le divisioni politiche e la violenza che scuotono gli Stati Uniti sono impensabili nella nostra società. E un intervento militare italiano, anche nel caso in cui un Paese alleato della Nato venisse attaccato, è disapprovato dal 43%. Il 66% ritiene che, se per riarmarsi l’Italia fosse obbligata a tagliare la spesa sociale, allora dovremmo rinunciare a rafforzare la difesa.
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS).











