
ROMA (ITALPRESS) – Alla Festa del Cinema, alle ore 16 nella sala Petrassi, sarà la volta di “Allevi Back to Life” di Simone Valentini (sezione Proiezioni Speciali). Il 2024 è un anno cruciale per la vita e per la carriera di Giovanni Allevi: una lunga inattività finalmente si interrompe. Sono mesi pieni di musica (il tour con il suo “Piano Solo”) e di fatica; il rapporto con il pubblico si rivela più forte che mai, ma tanti gesti quotidiani adesso richiedono attenzione e, a volte, sforzi notevoli. Attraverso uno sguardo intimo e delicato, il film permette di entrare in contatto con un grande artista molto amato che, dopo una lunga pausa dovuta alla malattia, riprende con pazienza ed entusiasmo il proprio cammino.
“È stato difficile e liberatorio insieme, ma le cose importanti non sono mai facili, credo che questo film restituisca le mie intenzioni filosofiche: riuscire a vedere la luce nel buio” sono queste le prime parole di Giovanni Allevi nel suo incontro con la stampa. Jeans, maglietta scura con sopra una vistosa imbracatura a sostegno di schiena e spalle, capelli ricci, folti, un po’ bianchi e grigi ma comunque ricresciuti, voce affaticata ma viva, con tanta voglia di parlare, raccontare, esprimersi.
“La malattia mi ha catapultato in una dimensione dove c’è poesia legata al fare. Perché la composizione musicale è un fare, un’arte secolare – ha proseguito Allevi -. Ero nel letto di ospedale, con il computer sulle gambe e la flebo attaccata, pesavo 63 kg, senza capelli, non avevo neanche la certezza che la terapia, la chemio, avrebbe fatto effetto. Ero in bilico fra la vita e la morte, l’angoscia ed il dolore fisico persistente. Allora lì in quella condizione ho cominciato a scrivere il concerto MM22 per violoncello ed orchestra perché avevo fatto una scoperta singolare: trasformando in note le 7 lettere della parola “mieloma”, attraverso un procedimento già usato da Bach nel 1750, scaturiscono sette note che formano una melodia bellissima DO, LA bemolle, MI, SI, RE, DO, DO. Una melodia romantica! Che bello ho pensato, una malattia terribile può diventare una melodia bellissima. Ho trasformato in un concerto tutto ciò che ho provato: il dolore, l’angoscia, la speranza, la tenerezza, la nostalgia. Ho sognato che l’avrei diretto se fossi sopravvissuto. Uscito dall’ospedale ho chiesto al mio staff una orchestra ed un solista e mi hanno portato anche le telecamere”.
Il docufilm mostra anche con tanto materiale di repertorio il Giovanni Allevi prima della malattia. “Il Giovanni che mi ha colpito riguarda un concerto nel 1990, di musica classica – ha proseguito il Maestro -. Quel Giovanni mi ha fatto molta impressione: era quasi incurante del pubblico, del loro affetto, di ciò che accadeva intorno. Era un Giovanni agli esordi felicissimo, pur avendo pochissime persone presenti a sentirlo. Ma che mi è successo dopo? Per quale motivo poi, una volta diventato “famoso”, entravo in paranoia se vedevo una sola poltrona vuota in un teatro pieno? Perché? Perché siamo avvelenati dalla logica dei numeri. Avevo perso il senso dell’unicità dell”individuo. Ecco la malattia mi ha riportato al Giovanni di quel periodo”.
È stato spesso oggetto di molte critiche: “Io per 30 anni sono stato bersaglio della critica accademico musicale – conclude Allevi -. Una qualunque critica non riusciamo a superla con la ragionevolezza o a farcela scivolare addosso. Ogni critica è una proiezione della persona che la muove di qualcosa che non accetta di noi ma che in realtà non accetta in se stessa. Io ho vissuto la possibilità concreta della mia fine, cosa mai potrà valere una critica? La malattia mi ha messo in una bolla esistenziale, dove conta quello che sento e voglio fare io. Ricomincio a respirare e mi sento libero, pazienza se non verrò capito o elogiato, va bene lo stesso”.
– Foto IPA Agency –
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