TRENTO (ITALPRESS) – Questa mattina, nella sede del Castello del Buonconsiglio a Trento, il Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Venezia ha consegnato, all’U.M.St. Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Provincia autonoma di Trento, una statua stele in marmo risalente all’età del Rame e appartenente al “Gruppo atesino”.
La stele è decorata sui quattro lati, un cinturone del tipo “a festoni” corre tutt’attorno mentre sulla faccia anteriore sono raffigurati due pugnali in rame disposti orizzontalmente con la punta verso l’interno, a lama triangolare costolata e pomo semilunato, uno dei quali contornato da borchiette. In prossimità della spalla destra è presente un oggetto a T (ascia da combattimento) con andamento obliquo.
I fianchi e la schiena, fino all’altezza del cinturone, sono ricoperti da un mantello frangiato e decorato da un motivo a scacchiera.Il reperto rientra nel fenomeno europeo della statuaria antropomorfa, diffuso dall’Ucraina all’Atlantico nel III millennio a.C., documentato in Trentino – Alto Adige dal ritrovamento fino a ora di 22 esemplari che rientrano nel Gruppo atesino. Otto di essi sono stati scoperti ad Arco (TN) tra il 1989 e il 1990 durante gli scavi per la costruzione del nuovo ospedale.
Questi straordinari monumenti, scolpiti a tutto tondo e forse dipinti, in origine erano eretti all’aperto in un’area a probabile destinazione cerimoniale, nei pressi di un antico canale del fiume Sarca. Nel “Gruppo di Arco” sono presenti personaggi maschili, come la stele oggi consegnata dai Carabinieri TPC, riconoscibili in base alle maggiori dimensioni e caratterizzati dall’ostentazione di armi, da figure femminili contraddistinte dalla raffigurazione dei seni e da alcuni particolari dell’abbigliamento, da un personaggio privo di elementi distintivi, di piccole dimensioni, che probabilmente rappresenta un soggetto non adulto.Le statue stele potevano raffigurare personaggi di rango elevato realmente esistenti, oppure immagini di divinità.
L’ipotesi più probabile è che siano figure commemorative di antenati illustri, che con la loro imponente presenza legittimavano il potere dei gruppi dominanti dell’età del Rame. L’esemplare oggi presentato trova particolare attinenza con le statue stele del Gruppo atesino, in particolare con il reperto denominato “Arco II”.- statua stele maschile in marmo attribuibile al Gruppo atesino,prima metà III millennio a.C. cm 165x66x17 -Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica di Rovereto sono state avviate dal Nucleo TPC di Venezia nel luglio 2024, nell’ambito di un’attività ispettiva della Soprintendenza per i beni e le attività culturali di Trento, con cui i Carabinieri TPC collaborano strutturalmente.
La stele è stata trovata in Val di Ledro (TN).A seguito dell’attività ispettiva, il bene è stato sequestrato stante l’assenza di un valido titolo di proprietà da parte del detentore, la cui collaborazione è stata altresì importante nel corso delle indagini. Gli accertamenti effettuati hanno permesso di ricostruire parte della storia della statua, con buona probabilità provento di scavi clandestini o rinvenimenti fortuiti non denunciati alle autorità, avvenuti negli anni ’90 del secolo scorso in prossimità dell’ospedale di Arco, area in cui vi erano lavori edili.La normativa vigente prevede sui beni archeologici provenienti, certamente o presumibilmente, dal territorio italiano una presunzione di appartenenza al demanio culturale.
Il privato che intenda rivendicare la proprietà di reperti archeologici è tenuto a fornire la prova che gli stessi gli siano stati assegnati dallo Stato in premio per ritrovamento fortuito; o che gli siano stati ceduti sempre dallo Stato a titolo d’indennizzo, per l’occupazione d’immobili; o che siano stati in proprio, o altrui possesso, in data anteriore all’entrata in vigore della Legge n. 364 del 20 giugno 1909. Inoltre, per quanto previsto dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere, compiuti in violazione delle previsioni in materia di tutela, proprietà e circolazione dei beni archeologici indicati nello stesso codice, sono nulli.A termine delle indagini, nell’aprile 2025 il Tribunale di Rovereto ha disposto il dissequestro del bene e la restituzione in favore della Soprintendenza di Trento.
Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio riconosce, infatti, la potestà in materia di tutela alla Provincia autonoma di Trento, come previsto dallo Statuto Speciale per il Trentino – Alto Adige e dalle relative Norme di Attuazione.Durante il corso delle attività, per la valutazione dell’interesse culturale del bene, i militari del Nucleo TPC di Venezia si sono avvalsi, altresì, di esami tecnici e storico-artistici effettuati a cura dei funzionari archeologi della Soprintendenza trentina.Il recupero di reperti archeologici facenti parte del demanio culturale rappresenta una delle direttrici investigative che il Nucleo TPC di Venezia persegue, attraverso verifiche costanti e metodiche presso gli esercizi commerciali di settore e mediante l’attenta raccolta di segnalazioni da parte di studiosi e appassionati, grazie alla collaborazione degli Uffici del Ministero della Cultura, delle Soprintendenze di Bolzano e di Trento. La restituzione al patrimonio pubblico di questi beni, testimonianze aventi valore di civiltà, riporta alla fruizione collettiva oggetti che narrano la storia di territori e comunità.
-Foto Ufficio stampa Carabinieri Tpc-
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