Servizi, arte e ambiente alla base del Placemaking, un nuovo modo di vivere le città

MILANO (ITALPRESS) – Il luogo in cui viviamo non è solo uno sfondo neutro delle nostre giornate, ma un elemento che influenza profondamente il nostro benessere fisico, psicologico e sociale: strade, piazze, parchi e spazi comuni possono favorire l’incontro, la sicurezza, l’inclusione e perfino la creatività. È da questa consapevolezza che nasce il Placemaking, un approccio all’urbanistica che mette al centro le persone e la loro esperienza quotidiana degli spazi: a differenza della pianificazione tradizionale il Placemaking non si limita a progettare edifici o infrastrutture, ma punta a creare luoghi amati, vivi e attrattivi; significa ascoltare le comunità, coinvolgere i cittadini nella definizione degli spazi pubblici, valorizzare identità e culture locali, integrare funzioni diverse per generare vitalità e senso di appartenenza. “Il Placemaking è una disciplina che arriva per guarire i luoghi che non hanno una loro bellezza intrinseca, perché magari si trovano in periferia, non sono curati o hanno avuto problemi economici: i placemaker del mondo ammirano l’Italia e vorrebbero creare spazi come i nostri sotto il profilo della socialità. Il tema nasce negli Stati Uniti negli anni ’60 e oggi è molto più forte la necessità di utilizzare queste tecniche”, ha dichiarato Valeria Lorenzelli, architetto e urbanista, intervistato da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.

Nel suo libro ‘Placemaking. Creare luoghi vivi, amati, attraenti’ Lorenzelli prova a mettere in campo “un metodo più ‘italiano’. Per una riqualificazione sana dello spazio occorre ragionare su tanti livelli e lavorare su logiche olistiche, non solo sull’architettura: il risultato ha una serie di elementi di equità urbana come l’accesso ai servizi, soprattutto per bambini e persone fragili”. Un progetto che ha coinvolto New York diventa occasione per una riflessione sull’importanza dell’arte negli spazi urbani: “Si chiama Eyeline e ha riguardato un quartiere davvero degradato di New York, attraverso la riqualificazione di un tratto di ferrovia che serviva i macelli della zona: in ogni angolo ora ci sono spazi per il cinema, lo yoga, i balli latino-americani. La dimensione sociale si collega all’approccio fisico e i cittadini, con il terzo settore e il volontariato, hanno un ruolo fondamentale: solo così si può interagire e godere della qualità diffusa degli spazi. Il benessere di una persona è maggiormente garantito in un ambito comunitario e l’arte, quando viene inserita negli spazi pubblici, ci permette di avere una qualità urbana molto più diffusa: l’opera d’arte fisica porta benefici del tutto intangibili, che riguardano la salute dei singoli”.

L’ultima riflessione di Lorenzelli riguarda Milano e la possibilità di portare lì il concetto di Placemaking: “Il quartiere che accoglie UpTown è l’ingresso sud di Expo 2015: lì abbiamo progettato e realizzato un parco da 30 ettari, che sta al centro di due ali di residenza. L’arte permea tutte le attività, come la realizzazione di murales e l’attivazione di laboratori culturali: il tema è l’integrazione di persone che hanno storie diverse, il ruolo dell’arte è metterle a loro agio; abbiamo intervistato una serie di abitanti, ciascuno di loro ha dato una sua interpretazione del progetto esprimendo un apprezzamento unanime sui suoi elementi di forza. L’area della Bicocca a Milano ha un limite: all’interno della progettazione molti isolati sono stati pensati come grandi funzioni separate, questo dà un effetto un po’ astratto a tutto il quartiere”.

– foto tratta da video Medicina Top –

(ITALPRESS).

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