Adesso che la Juventus ha praticamente vinto lo scudetto – annunciando prima del match clou con la Lazio la conferma di Sarri, se permettete gesto da gran Signora – arrivano a frotte in suo soccorso i mitici opinionisti (e anche qualche giornalista) ad assicurare che sì, nove scudetti ci sono, ma nel prossimo campionato sarà un’altra squadra: convinceranno il Comandante a perseguire il gioco, anzi il Giuoco. Che barba che noia vincere così. Come Allegri. Aggiungo: come Trapattoni, come Lippi, come Capello, come Conte… Sì, che barba che noia…
Non si sono accorti, gli “estetisti”, che abbiamo vinto noi, i “risultatisti” (e non fateli sparire, please, gli Adani, sennò con chi ci divertiamo?). E non hanno letto, i tikitakisti, guardiolisti, forse pronti a diventare rangnickisti, cos’ha scritto l’altro giorno Sacchi? L’Arrigo sta intelligentemente al vento e ha riconosciuto – lui che aveva caldeggiato l’ingaggio dell’intellettuale Giampaolo – la “modernità” di Pioli che ha cambiato il Milan da così a così. Pioli il Moderno, lo chiameremo (ma fatemi notare che il termine era molto in uso – grazie a Charlot – più d’ottant’anni fa…). E dunque, nel cielo della Juve, portato dagli angeli, è ricomparso per la trentaseiesima volta il mitico Verbo Bonipertiano: “Vincere è l’unica cosa che conta”.
Come ho avuto il piacere di notare giorni fa, ho colto al volo il cambiamento di Sarri – lui pure rinsavito – quando ha finalmente capito di non essere a Napoli, dove gli è stato consentito di creare una squadra bellissima, purtroppo non vincente, scoprendo e inventando valori ignoti (vedi per tutti Mertens) ma a Torino, dove accanto all’astro nascente Paulo Dybala hanno pensato bene di mettere la Superstar del secolo Cristiano Ronaldo. Eppoi, perchè e da quando la Vittoria è una noia? Mi ha scritto un amico: “Perchè molti critici italiani hanno esaltato l’ottavo scudetto consecutivo del Bayern, motore del calcio europeo, mentre li infastidisce il nono scudetto consecutivo della Juve?”. Lascio la risposta – troppo pepata – al comune pensiero. E a tutti quelli che stanno già imponendo ai bianconeri la conquista della Champions quasi per legittimare l’ennesimo scudetto che a Torino da centoventitre anni è considerato il massimo trofeo.
Dedico piuttosto ai miei amici una lettura elementare ma istruttiva dei perduranti successi juventini, dovuti sì a personaggi come Carcano e ai suoi già citati eredi ma soprattutto ai campioni. A parte l’apporto decisivo – come sempre – di Dybala, l’eroe del lunedì non è stato Carneade ma Cristiano Ronaldo, autore dei due gol che hanno abbattuto la Lazio e l’hanno portato a 30, come il miracoloso italianuzzo Ciro Immobile, il primo giocatore nella storia a segnare almeno 50 gol in Serie A, Liga (311) e Premier League (84), i campionati più importanti e difficili del mondo. (I francesi spaventati hanno abolito il Pallone d’Oro per non doverglielo dare…).
Per semplificare il racconto della storia juventina che ho vissuto invito a leggerla sugli Album Panini delle Figurine che guarda caso hanno scelto come marchio/immagine la favolosa rovesciata del difensore juventino Carlo Parola. E’ una storia di campionissimi che ho conosciuto e ammirato, a partire proprio da Parola che dopo una mia critica quand’era allenatore della Juve provò a zittirmi dicendo “guardi che io sono alla Juve dal ’39, quando lei è nato”. Mi dava dello sbarbatello, insomma.
Ma eccovi – in ordine alfabetico – alcuni juventini che mi hanno fatto scrivere migliaia di pagine…divertenti in tutti i giornali che ho frequentato. Non da “estetista” illuso ma da “risultatista” estasiato: Anastasi, Baggio, Bettega, Boninsegna, Boniperti, Buffon, Cabrini, Capello, Castano, Charles, Chiellini, Conte, Del Piero, Del Sol, Furino, Gentile, Haller, Ibrahimovic, Nedved, Parola, Platini, Rossi, Scirea, Sivori, Tardelli, Trezeguet, Vialli, Zidane, Zoff. Figurine? Figuroni!
Sarri mette le mani sullo scudetto, la vittoria dei “risultatisti”
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