RIFIUTI, DIFFERENZIATA A 2 VELOCITÀ

Un paese diviso in due, nella raccolta differenziata: il Nord con una media del 64% e quasi tutte le province sopra il 50%, mentre il Sud con situazioni fortemente arretrate non raggiunge la media del 38%. Questa la fotografia del settore rifiuti urbani scattata dal Green Book 2018, realizzato per Utilitalia dalla Fondazione Utilitatis in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti e presentato a Roma. Dalla mappatura degli operatori, sia per il servizio di raccolta che per la gestione degli impianti, emerge una situazione molto frammentata, con una larga prevalenza di aziende a partecipazione pubblica al centro-nord e una presenza residuale al sud (dove il 33% degli abitanti è servito da aziende pubbliche o miste). Quanto agli impianti e alla loro localizzazione, quelli di trattamento integrato aerobico e anaerobico sono concentrati al nord dove viene gestito il 98% della frazione organica da raccolta differenziata; gli impianti di compostaggio della stessa tipologia di rifiuti sono invece in prevalenza al sud (il 49% trattata in impianti a partecipazione pubblica e il 51% privati). Gli impianti di trattamento meccanico biologico (Tmb) sono più diffusi al sud (con il 49% del trattamento). Per lo smaltimento in discarica il Sud supera il resto del Paese: con il 62% del rifiuto urbano residuo a livello nazionale smaltito in questo modo. La situazione si capovolge sugli impianti di recupero energetico: concentrati soprattutto al nord dove viene trattato il 69%, il 12% al centro e il 19% al sud.

Ed è proprio dove il servizio è peggiore che la spesa media annuale per famiglia è più elevata. Dall’analisi sulle tariffe per il 2017 su una popolazione complessiva di oltre 18 milioni di abitanti nei comuni capoluogo, una famiglia tipo nel 2017 ha speso mediamente 227 euro in un comune sotto i 50.000 abitanti e 334 euro in un comune con popolazione superiore a 200.000 abitanti. In media sempre nel 2017 al nord la spesa è stata di 271 euro, di 353 al centro e 363 al sud. Nel 2016, dall’analisi dei 575 gestori individuati, il settore dell’igiene urbana ha registrato oltre 12 miliardi di fatturato, occupando 90.433 addetti. Il 75% delle aziende è rappresentato da monoutility legate al settore ambiente, il restante 25% da aziende multiutility. Gli operatori di piccole dimensioni (con fatturato inferiore ai 10 milioni di euro) rappresentano il 55% del totale anche se contribuiscono a solo il 10% del fatturato nazionale. Il 37% del fatturato di settore è generato dal 3% di operatori con un volume d’affari superiore ai 100 milioni di euro. Gli operatori della categoria “Raccolta e Ciclo Integrato” (cioè che gestiscono tutto il processo dalla produzione alla fine del rifiuto) rappresentano il 73% del totale, e registrano il 73 % del fatturato e occupano l’89% degli addetti; la categoria “Gestione Impianti” comprende il restante 27% degli operatori, genera il 27% del fatturato complessivo ed impiega l’11% della forza lavoro. Dal punto di vista dell’assetto proprietario il 34% delle aziende ha natura completamente privata e il 66% risulta partecipato dal pubblico.

La stima del fabbisogno nazionale di investimenti in raccolta differenziata e nuovi impianti viene valutata in circa 4 miliardi di euro. Gli investimenti complessivamente realizzati dai gestori del campione nell’arco temporale 2012-2017 ammontano a 1,4 miliardi di euro, pari a 82,5 euro per abitante in sei anni (14 euro a testa all’anno). Il 46% degli investimenti è destinato alla raccolta e allo spazzamento, mentre il 54% agli impianti di selezione, avvio a recupero e smaltimento. Nel 2017 il trend degli investimenti in raccolta sono aumentati del 73% rispetto al 2012. Sul versante degli impianti, c’è stato un netto calo degli investimenti in impianti di incenerimento (meno 55% rispetto al 2012); in controtendenza rispetto al recupero energetico risultano gli investimenti in discarica che nel 2017 crescono rispetto al 2012 di oltre il 200%. Gli investimenti in impianti di selezione e valorizzazione delle frazioni differenziate passano da 9 milioni di euro nel 2012 a circa 18 milioni di euro nel 2017. Infine, mentre gli investimenti in compostaggio e Tmb hanno un andamento crescente, quelli in digestione anaerobica sono fermi fino al 2016, per l’incertezza sul meccanismo di incentivazione. Rispetto agli investimenti realizzati sulla fase impiantistica, solo il 39% ha riguardato la realizzazione di nuovi impianti; mentre la voce più importante è sugli interventi di manutenzione straordinaria e revamping (46%), seguita dall’ampliamento di impianti esistenti (15%). Dai Piani di investimento dei gestori emerge un incremento complessivo di circa il 60% del volume di investimenti pianificati tra il 2018 e il 2021, rispetto a quelli realizzati nei quattro anni precedenti.

Valotti: “Italia non è più fanalino di coda in Europa”
“Se guardiamo al quadro nazionale le imprese e i territori evoluti del paese hanno intrapreso un cammino virtuoso e una volta tanto in Europa non siamo più il fanalino di coda. I migliori operatori, infatti, sono arrivati ad applicare concretamente l’idea ‘zero rifiuti in discarica’. Tra i dati più importanti che emergono dal Green book è la clamorosa disomogeneità del territorio a danno cittadini, cittadini che subiscono l’emergenza rifiuti e altri cittadini che devono risolvere l’emergenza altrui, questa è una cosa antidemocratica”, afferma Giovanni Valotti, presidente di Utilitalia.

“In Italia l’economia circolare si può fare – sottolinea – è quindi necessario estendere l’economie virtuose in tutte le regioni italiane e per fare cio’ servono tre condizioni: la prima è che serve una politica seria e lungimirante al di là della durata dei governi. La seconda condizione è che serve un approccio industriale nel settore, gli operatori qualificati con la migliore qualità ed efficienza riescono a garantire i costi più bassi ai cittadini. Terza condizione è che serve una regolazione illuminata”.

“Lo sviluppo degli investimenti che questo settore richiede è cresciuto negli ultimi anni, ma sono ancora lontani dal fabbisogno che il settore richiede. Di fronte al nuovo ciclo politico, che auspichiamo si apra al più presto – prosegue – Utilitalia si porrà con grande serietà per sottolineare l’urgenza e le ragioni del cambiamento per questo settore che diventato indifferibili”. Il presidente Valotti sottolinea l’importanza del settore dei rifiuti in quanto “segna la differenza tra i paesi avanzati e quelli arretrati, è un settore che ha un impatto decisivo sulla qualità della vita e determina la percezione delle città e dei territori. Il fabbisogno di rinnovamento si contrappone e stride sulla qualità del dibattito pubblico nel settore, dove il populismo e la mancanza di ancoraggio alle evidenze scientifiche, caratterizza non solo il dibattito mediatico – conclude Valotti – ma soprattutto quello politico. Questo settore, infatti, richiede di entrare nel merito e di non fermarsi a dichiarazioni superficiali”.

 

 

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