Previdenza, dall’Epap formazione sulla vigilanza pubblica

ROMA (ITALPRESS) – “Assistenza e welfare degli enti di previdenza privati, la vigilanza pubblica” è stato il tema al centro del terzo incontro del “Progetto di formazione per la diffusione della cultura previdenziale”, il corso sulle politiche attive organizzato dall’Epap, ente di previdenza e assistenza pluricategoriale. “Il tema di oggi è l’assistenza e il Welfare”, ha spiegato Alberto Bergianti, Consigliere d’amministrazione Epap.
“Noi vogliamo individuare quello che è il percorso delle casse di previdenza per fare un welfare del lavoro, di sviluppo della professione di supporto ai giovani per l’ingresso alle professioni ed è il tema principale che stiamo affrontando – ha aggiunto – La previdenza non ha senso oggi se non c’è reddito, e per creare reddito dobbiamo creare opportunità e la consapevolezza che il mondo cambia. Non possiamo immaginare, soprattutto nelle nostre realtà professionale di vivere il tempo di oggi come lo si viveva vent’anni fa e che i giovani di oggi per quarant’anni facciano la stessa cosa”.
“In ogni settore c’è un’evoluzione da un punto di vista scientifico, tecnologico e culturale. Poter formare gli operatori della sanità e dei servizi sociosanitari in generale è assolutamente indispensabile, anche per quello che ci riguarda, in questo caso come Emapi, in modo che i nostri dipendenti siano in grado si seguire quella che è l’evoluzione della società. Per questo facciamo anche dei corsi di aggiornamento costanti per il nostro personale”, ha dichiarato Demetrio Houlis, Direttore Generale Emapi. “Uno dei cavalli di battaglia per le casse di previdenza penso sia proprio la formazione. Emapi rappresenta la sinergia delle casse di previdenza nell’ambito sanitario e quindi fare formazione in quest’ambito significa dire agli iscritti delle varie casse che ci sono tante opportunità per dare loro dei servizi che a altrimenti le singole casse non sono in grado di dare”, ha affermato il presidente Emapi, Nunzio Luciano. “Oggi le casse non devono pensare solo al futuro degli iscritti, ma anche al presente – ha spiegato – L’Adepp, che le raggruppa tutte e nel campo sanitario c’è Emapi, penso possono assolvere con grande facilità a questa funzione. Dobbiamo però cercare di sensibilizzare molto gli iscritti in modo da renderli in grado di utilizzare queste occasioni”.
Il presidente Emapi ha proseguito spiegando che “le istituzioni devono facilitare i percorsi delle casse in ambito amministrativo, quindi meno burocrazia. Le casse sono libere, indipendenti, hanno un’autonomia che rivendicano fortemente, per cui lo Stato ci può aiutare e facilitare nel momento in cui ci sburocratizza. Nel momento in cui poi ci consente di fare quegli investimenti, che sono molto utili ai nostri iscritti, perché grazie a quelli in futuro in un Paese che invecchia saremo in grado, con i rendimenti che riusciremo a realizzare, di erogare le future pensioni. Lo Stato deve diminuire la fiscalità ed è una delle grandi bandiere di battaglia di Adepp e di Emapi perché quando parliamo di spesa sanitaria che le singole casse fanno molte di queste non sono esentate dal punto di vista fiscale”. “Non può esistere previdenza senza il lavoro”, ha affermato Francesco Verbaro, advaisor Adepp.
“Un’affermazione che dovrebbe essere condivisa da tutti e a maggiora ragione dalle casse di previdenza, che sono degli enti di previdenza monoprofessionali o con tre o quattro professioni – ha proseguito Verbaro – Loro possono conoscere bene l’andamento di mercato dei proprio professionisti e quindi possono sapere come intervenire per assicurare ai professionisti maggior reddito o coprire quelle interruzioni di reddito che possono capitare in una vita professionale lunga, perché la continuità reddituale è importante per la continuità contributiva per poi avere pensioni adeguate oltre a un sistema previdenziale sostenibile. Occuparsi di welfare non significa non occuparsi di previdenza, ma anzi farlo in maniera più efficace e moderna rispetto a un mondo del lavoro diverso a venti o trenta anni fa”. Verbaro ha concluso affermando che “dobbiamo abituarci a una vita lavorativa lunga, cioè a persone che lavorano fino a settant’anni e nel frattempo aiutare i giovani a entrare nel mondo del lavoro equipaggiandoli rispetto alle nuove sfide e ai nuovi mercati. È importante il flusso dei nuovi iscritti, quindi dobbiamo guardare sia all’invecchiamento attivo e sia a fare in modo che i giovani entrino prima, bene e meglio nella vita professionale”.
(ITALPRESS).

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