L’INTER E’ FORTE, MA LE ALTRE LAVORANO PER LEI

L’Inter non ha bisogno di imprese clamorose per vincere lo scudetto atteso da un decennio. Ha la forza e la qualità per gestire l’abbondante vantaggio in classifica eppoi – come se fosse tornata finalmente Beneamata – c’è chi lavora per lei. E non dico tanto dell’onesto Bologna, avversario generoso che ci prova a rivivere il passato ma deve cedere oggi a Lukaku come un tempo – nella sua favola più bella del dopoguerra – dovette inchinarsi prima a Corso poi a Jair (ricordo – perchè c’ero- quel Bologna-Inter 1-2 della “Pasqua di sangue” del 29 marzo 1964, diventata “Pasqua di lasagne” e tuttavia sconfitta anticipatrice di uno storico scudetto). Il Bologna d’oggi fa la sua parte: perde con dignità giocando una bella partita. Fanno più effetto – e più scudetto nerazzurro – il pareggio casalingo del Milan con la Samp e quello della Juve con il Toro in un derby della Mole resuscitato a Pasqua per solo merito dei granata al cui cuore (cuore t’Oro – diceva Frassica) ha imparato a parlare Nicola dopo anni di mestizia.
Sarebbe stata paradossalmente utile, alla Juve, la sconfitta costruita da Sanabria e evitata nel finale drammatico dal Ronaldo ch’era stato acquistato per vincere la Champions e invece fa il tappabuchi. Dico – seguendo la memoria spero non ingannevole – che un’umiliazione avrebbe portato all’esonero di Pirlo che dopo aver lasciato per strada Champions e scudetto rischia addirittura di tenere la Juve fuori dall’Europa. Voglio dire che quando successe a Maifredi, nel campionato 1990/’91, e a Delneri, nel 2010/’11, i due Gigi furono rimossi (la Signora non licenzia, rimuove, con cortesia tutta piemontese). Fa effetto, nel confronto fra le Due Nemiche, non tanto il dettaglio tecnico-tattico, ma lo stile di gioco. Ne parlo come se fosse – chessò – una sfida fra l’armonia di Armani e la fantasia di Versace. Perchè fa moda. La Juve persegue il sogno guardiolesco e s’impantana prima in un sarrismo mal corretto, e tuttavia sanato dai gol di Ronaldo, affidandosi alla inesperienza di Pirlo che ancora non ha dato idea del suo gioco, in progetto indicato con queste parole:”L’idea fondante del mio calcio è basata sulla volontà di un calcio propositivo, di possesso e di attacco, un calcio totale e collettivo…”. Boh.
L’Inter, invece, pescando a piene mani nel suo passato herreriano e murignano, finisce per ritrovare in un Conte pentito della immaginata furia vincente di Vidal – ma soprattutto nella potenza di Lukaku, nella duttilità di Eriksen e nella durezza di Hakimi – un felice, appassionante contropiede e lo stile italico. Lo stesso che ispira Mancini e la sua Nazionale vittoriosa. A proposito dell’Invenzione di Guardiola, la promozione in B ottenuta dalla Ternana di Lucarelli mi ha fatto tornare in mente l’impresa di Corrado Viciani che nel 1971 portò gli umbri in A con il suo “gioco corto”, modello perfetto per la “novità ” che a Barcellona è stata rivelata dal Pep e ribattezzata TikiTaka. Per chi lo sa, nel calcio ormai non s’inventa più nulla. Viciani ha vinto quel che poteva (poco) con Mastropasqua e i suoi coraggiosi compagni. Se avesse avuto un Messi…

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