In Italia c’è una grave carenza di medici di famiglia, bisogna incentivare i giovani

ROMA (ITALPRESS) – La medicina generale è il primo presidio di cura per milioni di cittadini italiani: è il punto di contatto quotidiano tra le persone e il Sistema sanitario nazionale, uno snodo centrale nella prevenzione, nel trattamento delle patologie croniche e nella gestione della salute pubblica. Nonostante il suo ruolo cruciale la medicina generale in Italia attraversa una fase difficile, segnata da numerose criticità, con carenza di finanziamenti, di personale e tanta burocrazia.

“La sanità pubblica italiana in questo momento è in una situazione molto caotica. I medici di famiglia si iniziano a contare sulle punte delle dita, anche i neolaureati non sanno cosa significhi svolgere questo ruolo: per loro è come se il medico di famiglia fosse quello che sta dietro una scrivania e prende le ordinazioni dei pazienti, invece significa lavorare fino a 10-12 ore al giorno”, ha detto Carmelo Lombardo, medico di Medicina generale, intervistato da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.

Secondo Lombardo, è proprio dalla mentalità dei ragazzi che bisogna partire per dare una sterzata alla professione: “I giovani hanno una visione distorta, per rimediare metterei Medicina generale tra gli esami universitari: un medico di medicina generale equivale a uno che lavora in un pronto soccorso, ma in situazioni non urgenti. Se dovessi proporre una riforma sulla sanità pubblica sarebbe per incentivare i giovani, dando loro la possibilità di essere affiancati da persone con una certa esperienza: bisogna insistere sul rapporto singolo, conoscere le abitudini quotidiane dei pazienti e i loro problemi; su questo servono più assunzioni, senza perdere troppo tempo, per favorire un ricambio generazionale”.

Un altro aspetto su cui focalizza l’attenzione è quello tecnologico: “La digitalizzazione è un vantaggio per i pazienti, specialmente nel periodo del Covid, ma adesso si va poco dal medico e c’è una maggiore tendenza a informarsi su Internet: io non ho problemi a lavorare da remoto, ma è fondamentale che i pazienti vengano in studio per essere visitati. La telemedicina per determinate patologie può andare benissimo, per altre diventa un qualcosa di asettico: manca la pacca sulla spalla da parte del medico, un paziente deve uscire dallo studio sorridendo”.

Le strutture di comunità, conclude Lombardo, “possono funzionare benissimo, ma andavano pensate già trent’anni fa: oggi ospedali e pronto soccorso sono intasati, se si mettessero lì i medici di famiglia a fare da filtro sarebbe diverso e un paziente potrebbe gestire più tranquillamente determinate situazioni. Non ho niente contro le strutture di comunità, purché si ponga l’attenzione sul rapporto umano tra paziente e medico”.

-Foto tratta da video Medicina Top-
(ITALPRESS).

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