FINCHE’ GIOCO’ RIVA IL MEGLIO DEL MONDO FU ESCLUSIVAMENTE ITALIANO

Cinquant’anni fa, come oggi, il calcio festeggio’ un evento che superava i confini di uno stadio e di un’isola per diventare nazionale: lo scudetto del Cagliari. Erano tempi in cui il tricolore dannunziano vagava per la bella Italia finendo su maglie estranee al solito mondo Juve-Inter-Milan, ricchezza, potere, popolarita’. I campionati erano combattuti, non assegnati anni prima come adesso che i bianconeri si annoiano pure. Prima del trionfo sardo lo scudetto era toccato al Bologna e alla Fiorentina, dopo avrebbe portato gloria e baldoria alla Lazio, al Torino, alla Roma, al Verona, al Napoli, alla Sampdoria. Prima erano nate le stelle di Bulgarelli e De Sisti – capitani d’Italia – poi quelle di Chinaglia, Pulici, Falcao, Brigel, Maradona e Vialli. Il meglio del mondo era in Italia, ma per anni fu esclusivamente italiano: finche’ gioco’ Gigi Riva. Fidatevi di un testimone oculare: era il migliore. Uno scarpone austriaco lo schianto’ negandogli un futuro da superstar ma nel frattempo riusci’ a imporsi anche come superman, nel senso di grande uomo italiano da collocare accanto ai Fusti e Busti cantati da Longanesi e Montanelli e agli eroi podemici di Pier Paolo Pasolini. Anche se a Gigi tocco’ un Autore tutto personale, Gianni Brera: per via della comune Lombardia, per quell’eccellenza fisica che cancellava abatini e stortignaccoli, per l’interpretazione massima dei comandamenti pallonari che porgevano all’azzurro un italiano vero ribattezzato Rombo di Tuono come in una pagina romanzesca di Grazia Deledda. Eppoi, la Sardegna in quanto antica terra di guerrieri che il Gioann enfatizzava perche’ aveva accettato di porre accanto al vessillo dei Quattro Mori la bandiera tricolore. E annotava: “Lo scudetto del Cagliari rappresento’ il vero ingresso della Sardegna in Italia. Fu l’evento che sanci’ l’inserimento definitivo della Sardegna nella storia del costume italiano”. Feci la mia piccola parte, allora, negando quello che frettolosi commentatori andavano dicendo della “prima squadra meridionale ad aggiudicarsi lo scudetto”. Adoro il Sud, ho scelto di viverci la mia ultima vita, ma la Sardegna e’ un simbolo di indipendenza storica e geografica, la madre di migliaia di eroi che fecero vittoriosa l’Italia nel ’18. Ma in quel bellissimo Settanta del Cagliari Riva avrebbe ben presto precisato il suo ruolo patriottico in Italia-Germania 4 a 3, sul campo dell’Azteca dove si lascio’ andare all’unico gesto destinato a strappare lacrime alle mamme italiane: l’abbraccio fraterno a Gianni Rivera goleador decisivo. Ecco che l’antiretorico uomo di Leggiuno ci viene ancora una volta in soccorso nei giorni della paura e della speranza. La data l’ha scelta il Destino ma il ricordo sereno di quell’antica storia di calcio di cinquant’anni fa merita un saluto augurale all’Uomo di Pasqua Gigi Riva.

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