CONSULTA “NON PUNIBILE CHI AGEVOLA IL LIBERO SUICIDIO”

La Corte costituzionale ritiene “non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. La Consulta si era riunita in camera di consiglio per esaminare le questioni sollevate dalla Corte d’assise di Milano sull’articolo 580 del Codice penale riguardanti la punibilità dell’aiuto al suicidio di chi sia già determinato a togliersi la vita.

“In attesa di un indispensabile intervento del legislatore – si legge in una nota -, la Corte ha subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente”. La Corte sottolinea che “l’individuazione di queste specifiche condizioni e modalità procedimentali, desunte da norme già presenti nell’ordinamento, si è resa necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell’ordinanza 207 del 2018. Rispetto alle condotte già realizzate, il giudice valuterà la sussistenza di condizioni sostanzialmente equivalenti a quelle indicate”.

Il pronunciamento della Consulta nasce dalla vicenda di Dj Fabo, che vedeva imputato per il reato di aiuto al suicidio di chi sia già determinato a togliersi la vita (articolo 580 del Codice penale) il radicale Marco Cappato. Il processo è fermo da febbraio 2018 proprio in attesa del pronunciamento della Consulta, chiesto dalla Corte d’Assise. Cappato è sotto processo per aver accompagnato Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, un quarantenne milanese, in una clinica in Svizzera per morire, come chiedeva da anni dopo che un incidente lo aveva reso tetraplegico.

“Da oggi in Italia siamo tutti più liberi anche quelli che non sono d’accordo. Ho aiutato Fabiano perché ho considerato un mio dovere farlo. La Corte costituzionale ha chiarito che era anche un suo diritto costituzionale per non dover subire sofferenze atroci – commenta Cappato, che fa parte dell’Associazione Luca Coscioni -. E’ una vittoria di Fabo e della disobbedienza civile, ottenuta mentre la politica ufficiale girava la testa dall’altra parte. Ora è necessaria una legge”.

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