Avvio di anno scoppiettante per l’azienda Italia ma pesa ancora l’incognita tassi

Frankfurt - Germany, Frankfurt - undated The headquarters of the European central Bank BCE in Frankfurt by night. Archive file ( sede della banca centrale europea) (Frankfurt - 2022-07-21, Antonio Pisacreta/ROPI) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate

ROMA (ITALPRESS) – Avvio di anno scoppiettante per l’Azienda Italia con segnali prevalentemente positivi ma anche qualche ragionevole preoccupazione per i mesi futuri. Sono i dati sulla crescita a incoraggiare un timido ottimismo sulla tenuta della nostra economia, pur in un contesto che vede tutto il mondo vivere una congiuntura delicata (per il Fondo monetario il Pil 2024 salirà del solo 3,1%, come nel 2023). L’Italia nello scorso anno ha avuto una crescita positiva dello 0,7 (dello 0,8 la previsione del Governo) meglio dello 0 della Francia e del -0,3 della Germania in recessione. E meglio della media Ue dello 0,5%.

Un risultato certo in assoluto non da brindisi ma comunque positivo, grazie alle buone performance di industria e servizi che hanno compensato il dato negativo dell’agricoltura. Quello che più incoraggia è il confronto con il 2019, anno pre pandemia. Ebbene il nostro Paese ha recuperato rispetto ad allora un +2,9 del Pil superando il 2,5 della Spagna (al top con uguale dato nel 2023), l’1,8 della Francia e il misero 0,3 della Germania. Per il nuovo anno le prospettive di una crescita dell’1,2% ipotizzata dal Governo non sono le stesse del FMI (prevede uno 0,7) e di tutti gli altri centri di analisi e ricerca. Ma azzardare previsioni è molto complicato, molto dipenderà dalle crisi geopolitiche in atto e dalle relative conseguenze sull’economia.

Sul fronte interno verrà meno il contributo del costosissimo (per le casse dello Stato) Superbonus edilizio. E allora si punta sull’effetto positivo che si potrà avere sulla crescita dall’atteso avvio dei cantieri finanziati dal PNRR. Detto di una inflazione che in gennaio ha leggermente rialzato la testa per via di una rallentata diminuzione dei beni energetici e di quelli alimentari, interessanti indicazioni sono arrivate dai dati sull’occupazione. Abbiamo registrato un record di 23,745 milioni di occupati (456 mila in più rispetto al dicembre 2022) con un tasso di occupazione al 61,9% ed un tasso totale di disoccupazione totale del 7,2%, il più basso dal dicembre del 2008.

Bene anche il dato sui giovani al lavoro, mentre cresce e preoccupa l’aumento del numero dei cosiddetti inattivi (non lavorano e non cercano lavoro) salito al 33,2. Nel complesso si tratta di dati molto buoni, effetto anche di aggiustamenti statistici e che nel confronto con il mese di novembre vengono un po’ ridimensionati. Per questo aspettiamo con curiosità i dati di gennaio per una conferma.

In uno scenario così delicato per la congiuntura internazionale elemento decisivo per la sua evoluzione sarà il ruolo giocato dalle banche centrali e dalle decisioni che assumeranno nel corso dell’anno. Scottate dalle negative esperienze recenti, la Fed americana e l’europea BCE devono riscattarsi e muoversi questa volta senza sbagliare. Nel pieno della crisi pandemica, con la ripresa lenta dell’economia, non seppero interpretare i segnali che arrivavano dai dati. E, con erronea decisione comune, quasi spalleggiandosi, dissero che la ripresa dell’inflazione era episodica, frutto di contingenti pressioni sui prezzi. E non si mossero in tempo, occupate come erano a sostenere governi e finanza. Ecco perché ora, quando tutto farebbe deporre per un primo taglio dei tassi ufficiali, predicano cautela e rimandano il momento a una ennesima conferma del calo dell’inflazione. E vogliono vedere anche una tenuta delle economie, una politica salariale che non alimenti nuova inflazione.

Insomma le attese per decisioni che riportino la politica monetaria a livelli non più restrittivi sembra slittare, non più quel marzo-aprile che i mercati sembrano aver già scontato e che i rendimenti sui mutui hanno già incorporato. Nei giorni scorsi il Fondo Monetario, assistendo a questo balletto, ha detto chiaro chiaro che se è vero che tagliare troppo presto potrebbe essere pericoloso, il rimandare troppo sarebbe letale perché frenerebbe oltre il dovuto una crescita globale già bassa. Serve allora un atterraggio morbido con una inflazione che scende ormai verso gli obiettivi del 2%. Vedremo, certo che le variabili in gioco sono tante, troppe. Alle due principali crisi geopolitiche si aggiunge la situazione esplosiva del Mar Rosso ancora non risolta, con conseguenze pericolose per l’economia e per gli effetti pesanti sulla fornitura di beni e costi energetici. Un 2024 tutto da scoprire, e sono situazioni che ci toccano da vicino.

foto: agenzia Fotogramma

(ITALPRESS).

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