MILANO (ITALPRESS) – Le sezioni lombarde di CGIL, CISL e UIL hanno tenuto un presidio sotto Palazzo Pirelli, a Milano, in contemporanea con i lavori del Consiglio Regionale, per denunciare le criticità emerse nella sperimentazione del D. lgs. 62/2024 in materia di disabilità avviata dallo scorso gennaio nel territorio della provincia di Brescia. Al presidio si sono uniti anche numerosi consiglieri delle opposizioni. L’obiettivo annunciato del provvedimento era di semplificare il processo e facilitare l’accesso alle misure per le persone con disabilità e/o anziane.
Come sottolineato da Roberta Vaia, segretaria CISL Lombardia, “da inizio di quest’anno, a seguito di un decreto legislativo, Brescia è diventata una provincia lombarda dove si sta sperimentando una nuova riforma sulla certificazione della disabilità. Il problema è che la norma calata su un territorio così sta portando tante criticità. La prima è che le commissioni INPS sono molte meno rispetto alle commissioni che c’erano prima nell’ASST, in quanto la riforma ha dato tutto incarico all’INPS nella gestione. Ci sono pochi medici e questo non sta facendo altro che allungare tantissimo i tempi di attesa per avere queste certificazioni. I certificati medici introduttivi sono andati alle stelle e i costi arrivano fino a 180-200 Ç, costi che devono pagare le persone che hanno già delle fragilità”. “L’altra questione è che i patronati sono un po’ esclusi da questo percorso e possono sì supportare le persone, ma non sono obbligate. Le persone possono fare anche da solo o informarsi da sole. Questo vuol dire che soltanto a Brescia ci sono circa 700 persone che hanno già ottenuto la certificazione di disabilità, ma che non hanno mandato il modulo successivo e quindi di fatto non hanno nessun tipo di beneficio”, ha aggiunto.
Non meno dure le critiche da parte di Salvatore Monteduro, Segretario UIL Lombardia. “Senza una certificazione della disibilità non ci possono essere delle misure idonee per l’inclusione sociale, ma anche gli stessi ragazzi che hanno difficoltà senza una certificazione alla disabilità non hanno un piano educativo di inclusione all’interno della scuola. Quindi il problema è che questi grandi ritardi stanno mettendo a rischio i diritti di questi cittadini e non possiamo permettercelo – ha dichiarato – Noi non siamo contrari alla riforma, ma ad un’applicazione di una sperimentazione senza aver corretto quelli che sono le criticità. Per esempio, l’INPS che dovrebbe avere solo nella regione Lombardia un organico di 100 medici che dovrebbero occuparsi delle unità di valutazione di basi, e quindi la certificazione alla disabilità, ma oggi non ci sono neanche 35. Basti pensare che l’INPS Lombardia ha dovuto chiedere l’INPS alla sede dell’INPS di Palermo che hanno dovuto mandare tre medici”. Altro allarme lanciato da Monteduro riguarda l’ampliamento del progetto: “pensare di estendere questa sperimentazione oggi con queste criticità ad altre sei province della Regione Lombardia credo che sia un disastro e non ce lo possiamo permettere”.
Anche Monica Vangi, della segreteria di CGIL Lombardia, condivide la necessità di sospendere l’ampliamento della sperimentazione nelle altre province perché “i problemi sono tanti. Primo fra tutti, e non dovrebbe avere un colore politico, la mancanza di esigibilità di un diritto perché se solo il 40% circa delle domande di invalidità presentate nel territorio bresciano ha trovato una risposta e un iter conclusivo, direi che è un tema di tutti. Così come lo è il fatto che persone fragili e vulnerabili residenti in Valle Camonica non abbiano una sede di commissione e debbano recarsi a Brescia”.
La richiesta ultima da parte di tutti i sindacati è di un confronto serio con le istituzioni regionali. “Chiediamo alla Regione di aprire un vero confronto, di essere intermediario con il governo e con la ministra Locatelli per cercare di comprendere quali sono le difficoltà e di lavorare insieme per dare una risposta ai cittadini di questo paese”, ha affermato Monteduro. Per Vaia occorre far “pressione al Ministero affinché non si acceleri questa sperimentazione, quindi da marzo non rientrino nuove province lombarde; che vengano stanziate delle risorse all’INPS perché le riforme a zero risorse non funzionano. La terza cosa è che si cerchi di far rientrare in qualche modo il ruolo dei patronati che effettivamente prendono in carico le persone, le possano aiutare e poi che ci sia molta più informazione. Infine chiediamo a Regione Lombardia di far parte della cabina di regia che deve gestire questa riforma in quanto insieme CGIL, CISL e UIL rappresentano 2 milioni di iscritti sul territorio lombardo”.
– foto xh7/Italpress –
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