Trump resuscita con Mamdani, mossa geniale per riprendersi la narrativa

US President Donald Trump meets with New York City mayor-elect Zohran Mamdani in the Oval Office at the White House in Washington, DC, USA on November 21, 2025. Photo by Yuri Gripas/Pool/Sipa USA

di Stefano Vaccara

NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – In una settimana si può affondare la propria presidenza e poi, in poche ore, riuscire – contro ogni logica – a salvarla tutto da solo? Quella che si è appena conclusa era sembrata la settimana più nera di Donald Trump: minacce di morte ai parlamentari, insulti ai giornalisti, la disfatta sugli Epstein Files e un Partito Repubblicano che iniziava a liberarsi dalla sua presa. Trump “tostato”, come si direbbe in gergo politico americano. E invece riecco il genio istintivo del Donald, quello che gli dà la capacità di cambiare la narrativa in un lampo. Come? Facendo la cosa che nessuno si aspettava, il contrario di ciò che qualunque consigliere gli avrebbe suggerito: trasformare la visita del sindaco eletto di New York, Zohran Mamdani – democratico socialista, 34 anni, definito dal presidente “il mio piccolo comunista” – in un momento di bonomia, show, complicità. Il tutto per tornare a dominare i titoli e far dimenticare i disastri delle ultime ore. In un pomeriggio, Trump è passato da presidente sotto assedio a protagonista assoluto del ciclo mediatico. E la stampa, dal New York Times alle tv, gli ha fatto il regalo più grande: primi piani dedicati al nuovo, sorprendente asse tra il presidente e il futuro sindaco di New York.

Il capolavoro politico-mediatico di Trump esplode quando un reporter chiede a Mamdani se considera davvero il presidente “un fascista”. Prima che il sindaco eletto risponda, Trump interviene ridacchiando: “Puoi anche dire di sì. È più facile”. Colpo di teatro, ghiaccio rotto, scena virale garantita. E invece del solito Trump furioso e rancoroso, il Paese ha visto un Trump cordiale, persino protettivo: quando un giornalista conservatore ha attaccato Mamdani perché aveva preso l’aereo invece del “green” treno, il presidente lo ha difeso: “Ha volato perché è più veloce. Lo difendo”. Lo stesso uomo che due settimane fa minacciava di mandare la Guardia Nazionale a New York ora faceva da scudo al nuovo sindaco. Ma soprattutto Trump ha saputo restare lui la notizia. “La stampa è impazzita per questo incontro”, ha detto ai giornalisti. “Vengono qui capi di Stato e nessuno se ne cura. Questo invece… siete tutti impazziti”. Aveva ragione. Dopo giorni di titoli negativi, finalmente si parlava di qualcosa di diverso dalle sue minacce di morte, crollo nei sondaggi e caos nel GOP. E si parlava di qualcosa che solo lui poteva produrre: un’improbabile intesa tra due uomini cresciuti nel Queens ma politicamente lontanissimi.

E Mamdani? Paradossalmente, è proprio il sindaco eletto ad essere rimasto più spiazzato. Cercava un incontro istituzionale e ne è uscito come coprotagonista di uno show che gli toglie anche l’alibi politico più comodo: la Casa Bianca ostile. Ora non potrà dire “Washington non aiuta” per giustificare eventuali ritardi o fallimenti: Trump, davanti alle telecamere, lo ha persino incoraggiato. “Credo che farà un ottimo lavoro”. In un colpo solo, Trump si è riposizionato come il grande “kingmaker” di un Mamdani che si era guadagnato da solo un posto al centro della narrativa nazionale. Già: Trump rispetta il potere emanato da un “vincente”, anche se alla fine è lui che deve restare il più vincente di tutti. Dopo una settimana da incubo, l’istinto mediatico del Donald si è rimesso in moto. E lo ha fatto grazie all’aiuto insperato di un giovane sindaco socialista, musulmano e anti-Trump. Certo, fino alla prossima, sconvolgente, roboante trumpianata destinata a ribaltare tutto di nuovo.

– foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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