
di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – In un solo giorno l’America ha spedito un messaggio netto: la sovranità popolare non può essere rubata da miliardari, dalla paura o dalle minacce. Con la vittoria travolgente di Zohran Mamdani a sindaco di New York e le simultanee affermazioni a governatore delle democratiche Mikie Sherrill nel New Jersey e Abigail Spanberger in Virginia, l’America ha ribadito che la democrazia è fatta dal basso e che nessuna oligarchia può resistere quando il popolo decide di contare. A New York, Mamdani ha ottenuto il 50,4% dei voti, battendo l’ex governatore Andrew Cuomo, fermo al 41,6%. Con un’affluenza che ha superato i 2,3 milioni di elettori, è stato registrato il più alto livello di partecipazione per una corsa municipale dal 1969. Durante il suo discorso vittorioso, il candidato demo-socialista ha detto: “In questo momento di oscurità politica, New York sarà la luce”. Rivolgendosi direttamente a Trump, ha aggiunto: “Visto che stai guardando, ho quattro parole per te: alza il volume”. Il trionfo di Mamdani, 34 anni, nato in Uganda da immigrati di origini indiane, è il simbolo di un cambiamento profondo: il primo sindaco musulmano della città e il più giovane dal XIX secolo.
Ha costruito una coalizione formidabile con giovani elettori, comunità immigrate e lavoratori urbani stanchi dell’aumento degli affitti, delle diseguaglianze e della politica delle élite. A queste affermazioni si aggiungono quelle di Mikie Sherrill nel New Jersey, che ha vinto con il 56,2%, e di Abigail Spanberger in Virginia con circa il 57,6% dei voti. In California, inoltre, la vittoria del referendum sulla riforma dei collegi elettorali ha tracciato un’altra linea di democrazia verso il popolo. Complessivamente, è stato un cappotto politico per Trump e per il modello che rappresenta: intimidazione, shutdown, minacce alle città, uso della Guardia Nazionale come punizione. Questa ondata di voti anti-Trump appare come la rinascita del “government of the people, by the people, for the people”. Quando i cittadini decidono di contare, non c’è miliardario che tenga. Il voto di ieri è stato soprattutto un voto dei giovani, mobilitati come non mai, e di un elettorato urbano stanco delle promesse disattese. In particolare, Mamdani ha parlato della sua vittoria come “un atto collettivo. Avete osato cercare qualcosa di più grande e stanotte l’abbiamo afferrato. Il futuro è nelle nostre mani”. Una frase semplice ma potentissima, che traduce in parole la fiducia che molti avevano smarrito.
La sconfitta non è solo una battuta d’arresto per l’inquilino della Casa Bianca: è un banco di prova per il suo stile politico e per la tenuta della sua leadership. Lo shutdown usato come clava, la minaccia di tagli ai fondi federali per le città “ribelli”, le dichiarazioni di guerra alle istituzioni e alla stampa: tutto questo ha prodotto stanchezza. E la risposta ieri è stata netta. Se Trump continuerà sulla strada tracciata negli ultimi nove mesi di presidenza – caos permanente, divisione sociale, vendetta giudiziaria contro gli avversari politici – gli americani gli hanno appena offerto un assaggio di ciò che accadrebbe nel novembre 2026 al Congresso, quando andranno al voto tutti i seggi della Camera e parte del Senato. Se oggi il messaggio è chiaro, allora tra un anno potrebbe esserci la replica: un Congresso “del popolo e per il popolo”, che potrebbe azzoppare definitivamente la presidenza divisiva e caotica di Trump. Mamdani, candidato anti-apparato, ha raccolto l’eredità di una città stanca, traumatizzata dall’aumento degli affitti e dall’idea che i politici servissero solo i ricchi. Ha promesso tasse più alte sui super-ricchi, trasporti gratuiti, asili, freeze sugli affitti stabilizzati. E lo ha fatto puntando sulla speranza e sull’inclusione, convincendo migliaia di giovani a recarsi alle urne per la prima volta o dopo una lunga assenza.
“Abbiamo rovesciato una dinastia e costruito un movimento”, ha detto riferendosi all’ormai passata egemonia Cuomo-finanza-business. E ancora, un messaggio diretto alle minacce di Trump: “Per arrivare a uno di noi, dovrai passare attraverso tutti noi”. Una sfida diretta al presidente, che aveva definito Mamdani “il mio piccolo sindaco comunista” e aveva promesso rappresaglie contro New York se avesse osato mettere in atto politiche “non gradite”.
L’investitura di Mamdani, il 1° gennaio 2026, sarà più di un cambio di guardia: sarà un simbolo politico. Un segnale che il modello basato sulla paura, sul controllo e sul ricatto non ha presa nell’America che conosce i suoi diritti garantiti dalla Costituzione. E che il popolo urbano, multietnico e digitale sa ancora scegliere i propri interessi e difendere i diritti costituzionali di tutti gli americani. Il potere non è mai stato tanto concentrato, e le decisioni della Corte Suprema a maggioranza repubblicana troppo spesso hanno difeso interessi consolidati. Ma ieri, non solo da New York, è arrivata una testimonianza: quando milioni di persone si mobilitano, nessuna oligarchia, nessuna minaccia, nessun miliardario può fermarle. La notte elettorale newyorkese è stata storica. La città simbolo dell’America si è rialzata, con lei altri due Stati hanno voltato pagina. L’America che vota gli interessi della maggioranza degli americani è tornata. Trump può dimenticare le ambizioni da “re”. L’America resta una democrazia forte, che mantiene la sua promessa.
– Foto IPA Agency –
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