PALERMO (ITALPRESS) – “La mafia non uccide ma ha imparato a picchiare. I bastoni, da parte degli investigatori, sono intercettabili più difficilmente rispetto alle pistole e si ottengono gli stessi risultati e i boss lo hanno capito”. Lo ha detto Maurizio De Lucia, capo della Procura di Palermo, nel corso della giornata di apertura della Festa dell’Unità di Palermo, a Villa Filippina, nel corso del panel dal titolo: “La lotta alla mafia come priorità!”.
“La richiesta di pizzo – ha aggiunto De Lucia – non è finita, anche se è vero che cosa nostra non si manifesta più con la sua storica violenza. Le estorsioni continuiamo a registrarle ma i metodi non sono gli stessi di quelli degli anni ’80 e ’90. Prima si uccideva, adesso si picchia. Si parla di pestaggi sistemici – ha sottolineato il procuratore capo di Palermo -: il nuovo modo di governare è quello di gestire le crisi senza ricorrere all’uso delle armi. Se picchio qualcuno, pensa la mafia, è più difficile capire che il reato sia legato a cosa nostra. La mafia sa di aver commesso errori affidandosi ai corleonesi, adesso per ricostituire il proprio esercito è in cerca di nuove risorse. La strada migliore è il traffico di droga, da qui i rapporti con le mafie sudamericane”.
“Cambia anche il modo di comunicare – ha detto De Lucia -: non ci sono più i pizzini ma le chat. La carta ci stava settimane ad arrivare al destinatario adesso, con internet, si fa subito. E per la magistratura è necessario avere la possibilità di correre quanto i propri avversari, non possiamo impiegare mesi per poter ottenere i permessi. Per questo alla politica chiediamo risorse e organizzazione”. Al dibattito ha preso parte anche il presidente di Legacoop, Filippo Parrino rilevando un “arretramento della società civile nella lotta alla mafia”.
“Il mondo delle professioni – ha sottolineato la senatrice Enza Rando, membro della Commissione nazionale Antimafia – deve aprire gli occhi ne chiedersi qual è la nuova fisionomia della borghesia mafiosa. La mafia prolifera dove c’è più povertà, qui entra in gioco la politica”.
Fa autocritica Antonello Cracolici, presidente della Commissione regionale Antimafia: “Mentre la magistratura lavora sul presente, la politica è sempre proiettata nel passato: guardiamo la mafia come se fosse cristallizzata in una pagina di storia, dobbiamo comprendere qual è il sistema nuovo in cui agisce cosa nostra. Dobbiamo recuperare questo gap, anche perché nel frattempo i boss non stanno guardare. Che senso ha – rileva Cracolici – tenere in piedi apparati e leggi che stavano in piedi 40 anni fa?”.
-Foto ufficio stampa Pd Palermo-
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