Venezia, in concorso “Lubo” di Giorgio Diritti

VENEZIA (ITALPRESS) – Un padre alla ricerca dei suoi figli e un uomo che lotta per ritrovare il suo posto nella società: sullo sfondo dell’Europa travolta dal nazismo, Giorgio Diritti racconta in “Lubo” quello che accadde in Svizzera a scapito della popolazione nomade, discriminata da una legge che ne progettava il disfacimento disgregando i nuclei famigliari: figli tolti con la forza ai genitori e sparpagliati in orfanotrofi o famiglie adottive per essere rieducati e trasformati in cittadini modello. Lubo, il protagonista del film presentato oggi in concorso a Venezia 80, è un nomade che attraversa la Svizzera del ’39 con la famiglia a bordo di carri, come artista di strada. Il pericolo della guerra fa sì che venga arruolato per difendere le frontiere dal rischio di invasione tedesca e in sua assenza la polizia porta via i suoi tre figli, lasciando a terra, morta per un incidente, la moglie.
Il dramma travolge l’uomo che diserta per mettersi sulle tracce dei suoi bambini e l’incontro casuale sulla linea di frontiera con un commerciante austriaco gli offre l’occasione di mimetizzarsi nella società elvetica. Ucciso il commerciante, Lubo infatti ne assume l’identità e si impossessa dei gioielli e del denaro che l’uomo nasconde nella sua auto, ma, per quanto nella nuova posizione abbia modo di fare le ricerche più agevolmente, non è facile scoprire dove i bambini sono stati collocati. Intanto la sua vita prende una strada imprevista, perchè la ricchezza che ostenta gli consente di frequentare l’alta società ma allo stesso tempo gli dà modo di rifarsi una vita sentimentale assieme a una semplice cameriera abbandonata dal marito assieme al figlio. La felicità ritrovata però non è un punto di arrivo del dramma di questo sfortunato padre, perchè il passato preme sulla sua coscienza e nemmeno il figlio che la sua nuova compagna sta per dargli gli può restituire i figli sottratti con la forza dallo stato.
Ispirandosi liberamente al romanzo “Il seminatore” di Mario Cavatore, Giorgio Diritti trova in “Lubo” l’ispirazione per un’altra delle sue storie costruite sul limite della coscienza e dell’identità dei suoi protagonisti. Qui, puntando sull’interpretazione del sempre lucido e sensibile Franz Rogowski, si spinge nel dramma di un uomo che si muove nell’ombra illecita del delitto per riparare il torto subito per mano della legge: Lubo è un assassino che per giunta ha colpito un ebreo in fuga dalla persecuzione nazista, ma è lui stesso vittima della persecuzione contro i nomadi perpetrata con assurda precisione dalla legge elvetica. Il doppiofondo della sua coscienza lo rende un uomo fragile e forte allo stesso tempo, sul quale Diritti lavora per costruire la linea drammatica del suo film. Ombroso e sensibile allo stesso tempo, “Lubo” è un’opera che ricostruisce molto bene il tono e lo spirito dell’epoca in cui si svolge, grazie anche alla capacità di tenere le interpretazioni del suo cast. Le tre ore di durata non aiutano purtroppo lo scorrimento della narrazione, che qua e là perde di ritmo, ma “Lubo” resta un film solido e scritto con cura.

foto: Ufficio stampa 01 Distribuzione

(ITALPRESS).

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