UN PENSIERO E UNA PREGHIERA AI MIEI CARI AMICI SCONOSCIUTI

Quando e’ cominciata questa storiaccia (la cui fine spero di raccontare presto) mi sono sentito braccato dal destino. In tivu’, in radio, sui giornali circolava il mio identikit. Ottantenne, fumatore, problemi alle vie respiratorie…Bingo! Complimenti signore, ha vinto un Coronavirus! C’e’ poco da ridere, fino a quando non sono arrivato nella mia Isola ho tremato, oggi la paura e’ passata, la prudenza no. Gli anni son quelli, ho fumato per 65 anni, solo un anno fa mi son fatto una polmonite da aria condizionata (giuro che quest’estate staro’ attento, attentissimo) poi quelle notizie, diomio, piu’ che pena m’e’ venuta rabbia e forse devo a questo tormento dell’anima se son qui a raccontarlo. Non ho ceduto al richiamo della Livella. Quante volte avrete sentito dire di un vecchio rompiballe persecutore “e chi l’ammazza, quello?”. Ecco, cosi’ mi sento, anzi peggio: per tutti quei vecchi morti soli, forzatamente abbandonati da figli, nipoti, amici, caricati su un camion e sbarcati chissa’ dove per l’eterno riposo, che Dio li aiuti, diventati cenere alla cenere, polvere alla polvere, prima li hanno lasciati morire, adesso fanno le inchieste, piu’ becchini che inquirenti, forse indagatori dell’incubo. Come Dylan Dog. E’ un complimento.
Io non ho conosciuto i miei nonni, uno morto giovane, l’altro non mi ha aspettato, di nipoti ne aveva gia’ tanti. Per me i vecchi sono in particolare quelli della bocciofila di Bologna all’Antistadio: ho cominciato a conoscerli da giovane cronista, il capo che non era sciocco mi mandava a intervistarli quando facevamo qualche inchiesta a sfondo sociale; e regolarmente prima delle elezioni: valevano piu’ dei ricercatori demoscopici, con loro non abbiamo mai sbagliato un pronostico, mi direte che a Bologna era facile, certo, ma loro indovinarono anche Guazzaloca. Verso Natale ero in zona Fiera, avevo voglia di un caffe’, mi hanno portato alla bocciofila piu’ vicina dicendomi “qui si fa il miglior caffe’ di Bologna”. Vero. Per questo mi piange il cuore quando sento il grido di dolore di Marco Giunio De Sanctis, il presidente della Federazione Bocce, un amico, ferito dalla chiusura delle bocciofile, luogo dato agli ultimi sorrisi, ma soprattutto dai tanti frequentatori/giocatori che se ne sono andati, ghermiti dal virus. “Quasi diecimila dei novantamila agonisti italiani – dice – sono Lombardi e vengono quasi tutti da Bergamo, Milano e Brescia”. Forse sa anche quanti ne ha perduti o teme semplicemente di dover fare certi conti piu’ avanti, quando la tragedia si sara’ conclusa e se ne aprira’ un’altra che riguardera’ non solo il presente ma il futuro. Per questo voglio dedicare un pensiero e una preghiera ai miei cari amici sconosciuti. E al loro Dio. Che e’ anche il mio.

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