Netweek, Sciscione “L’informazione locale dà voce alle persone”

ROMA (ITALPRESS) – Una storia a tutto tondo, che vede le vicende personali intrecciarsi con l’evoluzione della televisione privata italiana: a fare da narratore è Gianfranco Sciscione, presidente del gruppo Netweek, nel suo libro ‘Il grande sogno. Il ragazzo che sognava la televisione’, scritto insieme all’attore Piermaria Cecchini. Ne parla in un’intervista a Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress.

L’opera ripercorre la carriera di Sciscione, dagli inizi fino al consolidamento della sua azienda: un percorso di crescita sia imprenditoriale che umano, arricchito da una serie di contributi fotografici per dare un’idea più chiara dell’evoluzione. Tutto inizia con Telemontegiove la cui società, racconta l’editore, “nasce ufficialmente il 16 marzo 1978, una data molto importante per la nostra nazione, il rapimento di Moro: al tempo io lavoravo a Roma, ero un giovane ragioniere e direttore di una bella industria di giocattoli. Tutti eravamo carichi: non avevamo soldi, non avevamo nulla, avevamo soltanto il grande amore per questa nuova attività che nasceva, la televisione privata. Nel 1978 la Rai ancora trasmetteva in bianco e nero e c’erano solo Rai 1 e Rai 2: come canale scelsi il 46, abbiamo iniziato a trasmettere il 1° maggio”.

Sciscione si sofferma poi sulle specificità delle televisioni private di quel periodo storico: “Il network di oggi non è altro che una società proprietaria di diversi canali regionali: a Italia 9 eravamo tutti proprietari in ogni regione, quindi era un consorzio e come tutti i consorzi c’erano i furbi e i più intelligenti. Le trasmissioni le facevamo insieme e in quel periodo trasmettevamo anche le prime 100 puntate di Dallas, La casa nella prateria e altri programmi che qualche network nazionale trasmette oggi: quei programmi già negli anni ’80 li trasmettevamo noi. Tutte quelle cose che l’America ci dava in quel periodo venivano da noi, emittenti regionali: quando nacque la legge Mammì, in un convegno con le varie televisioni private in cui tutti erano arrabbiati perché parlavano di vestito fatto su misura di Berlusconi, a me interessava solo che avessero fatto una legge, perché se ieri ero un pirata oggi sono un concessionario. Ritenevo che non stessimo facendo nulla di male, stavamo cercando di crearci un posto di lavoro senza bussare niente e allo Stato non abbiamo detto niente. Poi è arrivata la legge: prima la Mammì, poi la Maccanico“.

Particolare importanza riveste un capitolo del libro intitolato Far West, in riferimento all’assenza di una legge ben definita per regolamentare le trasmissioni: “Far West significava che io la mattina decidevo di andare su un monte con un analizzatore, controllavo i vari canali, ne vedevo uno libero e lo accendevo: questo è stato il mio Eldorado – racconta -. Quando Berlusconi comprò Italia1 io andai a Piazza Adriano, fui chiamato dai dirigenti dell’epoca perché volevano comprare un mio canale: nel libro lo scrivo, è il 49, che io avevo appena comprato da Tele Universo, di cui all’epoca ero socio. Loro avevano bisogno del 49 perché il precedente titolare aveva lasciato il ripetitore non a Monte Cavo, dove c’è una bella apertura per far vedere i segnali televisivi, ma in basso sotto Tivoli: lì le trasmissioni non arrivavano a Frosinone e loro ne avevano bisogno. Mi avevano offerto 400 milioni, a me andavano benissimo perché quei soldi mi servivano per costruire la rete a bassa frequenza: nella mancanza di legge del Far West però ci sono dei problemi e ringrazio i pretori, che al tempo avevano il compito di legiferare. Racconto tutta questa storia a Gasparri, il quale si rende conto effettivamente che c’era bisogno di una nuova legge. Lui veniva dalla televisione privata locale e ne conosceva i problemi: se oggi abbiamo questa magnificenza di canali lo dobbiamo alla legge Gasparri, con cui si apre il mercato e si dice a chi ha le risorse di fare la televisione. Il parlamento italiano non capiva niente all’epoca: diceva che non esistevano queste possibilità, invece ce n’erano e a mancare era la conoscenza di questo settore. Gasparri, che veniva da questo settore, l’ha regolato con una legge: è stato un ministro molto attento e tanti posti di lavoro devono dire grazie a quella legge”.

Tra le pagine emerge anche il reale significato di fare informazione locale nell’idea di Sciscione: “Per me bisogna dare voce a chi non ne ha, dobbiamo essere l’amplificatore di tanta gente e dei suoi problemi, non esiste solo il problema nazionale. I redattori delle televisioni regionali devono stare attenti alle telefonate: ce ne arrivano tante. Racconto un particolare dell’importanza della tv locale: quando ho messo il primo traliccio sul Circeo il pretore mi fece solo una multa di 100mila lire, però mi assolse perché la televisione locale per lui era un servizio pubblico; quando l’Avis aveva bisogno del sangue si rivolgeva a noi e noi eravamo pronti a fare questo servizio, eravamo nati per questo”.

Favorevole la sua opinione sull’intelligenza artificiale: “Nel 1978 scrivevo già i programmi a mano, quando uscirono i primi computer che davano la possibilità alla televisione io mi sono impegnato per averli: oggi ho circa una quarantina di canali da mettere in onda in tutta Italia, ma se non avessimo creato quei programmi non saremmo a questo punto. Esistevano dei programmi in circolazione, ma costavano centinaia di milioni di lire e io non avevo questa cifra: così ho scritto il programma come lo volevo, ho chiamato un bravo programmatore e lui mi ha fatto un vestito su misura; oggi tutte le nostre televisioni funzionano, dal momento della messa in onda alla fatturazione. Chi fa il contratto entra in un circuito: ecco perché è importante l’intelligenza artificiale, perché migliorerà ancora quello che noi abbiamo portato avanti. Bisogna cavalcare i tempi, mai combatterli perché sarebbe un grande errore. Ai miei figli quando non ci sarò più ho chiesto prima di tutto il rispetto per tutti, specialmente per i nostri dipendenti e collaboratori, perché sono la nostra forza”.

– foto Italpress –

(ITALPRESS).

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