OCCUPAZIONE IN RIPRESA MA DEBOLE E PRECARIA

Al Sud nel 2017 gli occupati sono aumentati di 71 mila unita’, +1,2%, mentre al Centro-Nord la crescita e’ stata di 194 mila unita’. Con questo risultato il Centro-Nord ha recuperato completamente i livelli occupazionali pre-crisi, mentre il Sud resta di circa 310 mila occupati sotto il livello del 2008.
E’ quanto emerge dal rapporto 2018 della SVIMEZ dal titolo “L’economia e la societa’ del Mezzogiorno”, presentato oggi a Montecitorio.
A meta’ 2018, il numero di occupati nel Mezzogiorno e’ inferiore di 276 mila unita’ rispetto al livello del medesimo periodo del 2008, mentre nel Centro-Nord e’ superiore di 382 mila unita’. Il tasso di occupazione e’ ancora due punti al di sotto del 2008 nelle regioni meridionali (44,3% nel 2018, era 46% nel 2008) mentre ha recuperato i livelli 2008 nel Centro-Nord (65,9%). Con riferimento alle regioni, tra il primo trimestre del 2017 e quello del 2018, il tasso di occupazione sale in tutte le regioni del Sud, con modesti cali solo in Campania e Sicilia.
Nel periodo 2008 – 2017, il Mezzogiorno si e’ caratterizzato per una contrazione piu’ sensibile del tempo pieno (-10,7% a fronte del -3,3% del Centro-Nord), solo parzialmente compensata da una dinamica piu’ accentuata del part time: l’incidenza del part time e’ passata, nel Mezzogiorno, tra il 2008 e il 2017, dal 12,6 al 17,9%.
Al Sud e’, pero’, molto elevata l’incidenza del part time involontario, che si attesta negli ultimi anni attorno all’80%, contro il 55% del Centro-Nord. Nel corso del 2017 l’incremento dell’occupazione meridionale e’ dovuto quasi esclusivamente alla crescita dei contratti a termine (+61 mila, pari al +7,5%) mentre sono stazionari quelli a tempo indeterminato (+0,2%). Vi e’ stata una brusca frenata di questi ultimi rispetto alla crescita. Se consideriamo il complesso del periodo di ripresa occupazionale 2015-2017 il tasso di trasformazione in lavoro stabile e’ in media pari al 9% al Sud e al 16% nel Centro-Nord. In questi anni si e’ profondamente ridefinita la struttura occupazionale, a sfavore dei giovani, testimoniata dall’invecchiamento della forza lavoro occupata.
“Il dato piu’ eclatante e’ il drammatico dualismo generazionale”, sottolinea la SVIMEZ: il saldo negativo di 310 mila occupati tra il 2008 e il 2017 al Sud e’ la sintesi di una riduzione di oltre mezzo milione di giovani tra i 15 e i 34 anni (-578 mila), di una contrazione di 212 mila occupati nella fascia adulta 35-54 anni e di una crescita concentrata quasi esclusivamente tra gli ultra 55enni (+470 mila unita’).
Nel Mezzogiorno si delinea una netta cesura tra dinamica economica che, seppur in rallentamento, ha ripreso a muoversi dopo la crisi, e una dinamica sociale che tende ad escludere una quota crescente di cittadini dal mercato del lavoro, ampliando le sacche di poverta’ e di disagio a nuove fasce della popolazione. Il numero di famiglie meridionali con tutti i componenti in cerca di occupazione e’ raddoppiato tra il 2010 e il 2018, da 362 mila a 600 mila (nel Centro-Nord sono 470 mila). Preoccupante la crescita del fenomeno dei working poors, conseguente all’aumento di lavori a bassa retribuzione, dovuto a complessiva dequalificazione delle occupazioni e all’esplosione del part time involontario.
I poveri assoluti sono saliti nel 2017 poco sopra i 5 milioni, di cui quasi 2,4 milioni nel solo Mezzogiorno (8,4% e 11,4% dell’intera popolazione rispettivamente). Le famiglie in poverta’ assoluta nel 2016 erano 700 mila nel Mezzogiorno, sono divenute 845 mila nel 2017. Nell’area meridionale piu’ di un quarto delle famiglie, coppie e monogenitori, con figli adulti, si collocano nella piu’ bassa fascia di reddito, per giungere addirittura a circa la meta’ della popolazione se si parla di famiglie con figli minori. L’incidenza della poverta’ assoluta aumenta nel Mezzogiorno soprattutto per il peggioramento nelle grandi aree metropolitane (da 5,8% a 10,1% nel 2017). Nelle regioni meridionali l’incidenza della poverta’ relativa risulta piu’ che tripla rispetto al resto del Paese (28,2% a fronte dell’8,9% del Centro-Nord), a seguito del basso tasso di occupazione e di un reddito pro capite pari a circa il 56% di quello del Centro-Nord.
(ITALPRESS).

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