Medicina sistemica integrata, l’obiettivo è mettere il paziente al centro

ROMA (ITALPRESS) – La malattia non nasce all’improvviso, ma è spesso il risultato di uno squilibrio nei meccanismi vitali dell’organismo. Per indagare e comprendere questi processi è fondamentale un approccio che pone al centro l’individuo nella sua unicità e interezza biologica, emotiva e relazionale. La medicina sistemica integrata unisce conoscenze mediche tradizionali a strumenti della medicina biologica e funzionale per sostenere l’equilibrio naturale del corpo, favorire i processi di autoguarigione e prevenire la comparsa di disturbi cronici.

L’obiettivo, insomma, è quello di curare la salute per stare bene il più a lungo possibile. Se e quando la malattia insorge, questo approccio permette di affrontarla in modo più efficace, sostenendo la naturale capacità di adattamento e rigenerazione dell’organismo, corpo e mente. “Quando c’è già la malattia, non è più prevenzione: è già troppo tardi. Oggi abbiamo degli strumenti per poter arrivare a comprendere molto prima e fare in modo che la malattia non si verifichi. Bisogna prendere le persone quando sono relativamente sane e portarle a rafforzare lo stato di salute”, ha detto Paolo Tordiglione, specialista in Anestesiologia e rianimazione, dirigente medico presso il Policlinico Umberto I di Roma e dottore di ricerca in neuroscienze presso l’Università della Sapienza di Roma, intervistato da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.

Con quello che ho allestito, andiamo a vedere come è strutturata la membrana cellulare, andando molto più indietro, in una fase molto più precoce, dove c’è una sorta di fatica biologica costante che dura per 10-20 anni e poi alla fine esiterà in una malattia. Se riusciamo a intercettare prima questa realtà, diventa un vantaggio enorme per cui non ci sarà l’evoluzione nel patologico”, ha detto. Anche la postura “è parte di quella salute che cerchiamo di dare, perché se uno ha una postura sbagliata nel tempo, cominciano i dolori articolari. Un po’ paghiamo la postura eretta, ma anche la sedentarietà o il dover stare seduti a lungo”. A livello intestinale, “adesso va molto di moda il microbiota”, che “dà tante informazioni” ma “devono essere integrate: questo è il passo avanti della medicina che sto cercando di portare avanti, che unisce vari pezzettini per avere un puzzle più chiaro e quindi portare a una salute più forte”.

La difficoltà più grande in questo tipo di approccio è che “purtroppo i miei colleghi spesso si aspettano di curare il passo avanti e non di prevenire il passo indietro”. Tra le raccomandazioni più frequenti ai pazienti c’è la cura dell’alimentazione. “Adesso al Policlinico stiamo portando avanti un protocollo che si chiama KetoPain, per far vedere come addirittura l’alimentazione possa impattare sul dolore che, tendenzialmente, viene curato solo con i farmaci. Invece l’alimentazione può fare la differenza, può invertire il processo di dolore”, ha evidenziato. Il paziente tipo, che potrebbe trarre più vantaggi da questo approccio è “chi chiede al suo organismo di più, magari un professionista dai 40 anni in su, un’età in cui c’è il picco della professionalità”.

In futuro, l’applicazione del know-how molecolare, biologico e posturale di questo approccio porterà a “un sistema che ti segue costantemente per mantenere la tua salute, piuttosto che intervenire a posteriori. Oggi si interviene quando subentra la malattia, invece domani ci sarà un intervento costante, con strumenti di cura e assistenza continuativa che possono dirti dove stai andando e cosa ti serve per stare meglio”.

– foto tratta da video Medicina Top –

(ITALPRESS).

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