Manovra fiscale sull’Iva? Vantaggi poco significativi e perdite entrate

La proposta di ridurre l’Iva da parte del Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, non ha riscosso molto successo. In pochissimi hanno apprezzato l’intento di ridurre (non ha indicato precisamente il quanto) le tasse. La ragione di fondo di scetticismo e contrarietà che Conte ha registrato, riguarda essenzialmente l’elemento centrale che assilla chiunque nutra preoccupazione per l’emergenza occupazione e per la condizione ormai pericolosa in cui versa l’economia: le conseguenze letali della morsa stringente della concomitante scarsità di investimenti nostrani e stranieri, la riduzione della nostra capacità di essere competitivi nei mercati, il debito pubblico in vertiginoso aumento. Insomma le circostanze in cui ci troviamo, non consigliano ne palliativi ne l’uso allegro del denaro pubblico. Ormai la maggior parte degli analisti economici, sono convinti che siamo condannati a non sbagliare nessuna scelta economica, soprattutto considerando la tentazione distributiva che esercita sul ceto politico, la disponibilità della inusuale mole di denaro che potenzialmente potremo attingere dalle opportunità che l’Europa complessivamente mette a disposizione.
In tal senso, la manovra fiscale non potrà che riguardare il cuneo fiscale (il peso fiscale per i salari e sul costo del lavoro per le imprese) e zero tasse per un lungo periodo per le start up, per le zone a bassa percentuale di occupazione. Uno shock fiscale di questa portata, potrà suscitare il clima adatto per una ‘ripresa-sviluppo’ che i governi che si sono succeduti, non cercano almeno da un quarto di secolo.
Va da sé che una politica fiscale di grande incentivazione, orientata agli investimenti privati e alla occupazione, non comporta alcun rischio ma solo vantaggi. I lavoratori disporrebbero di maggiori entrate, riequilibrando i grami salari che percepiscono da almeno dieci anni, le imprese otterrebbero maggiore ossigeno per compensare il costo maggiore sostenuto per l’aumento del costo del lavoro per unità di prodotto. Riguardo alla riduzione dei pesi per le start up e gli investimenti nelle zone a bassa occupazione dei pesi fiscali, riguarderebbe in gran parte la circostanza di investimenti che qualora non dovessero avvenire, farebbero sostanzialmente restare immutate le entrate.
Comunque una opzione di questo tipo, richiederebbe una approvazione della Commissione Europea, ma in questi tempi del tutto eccezionali, se ben formulata, difficilmente sarebbe negata. Invece poggiare una manovra fiscale sull’IVA non porterebbe vantaggi significativi, ma solo perdite di entrate significative, per le seguenti motivazioni: questa entrata di fisco indiretto è l’unica tassa non evasa, al netto delle frodi, in quanto evasori ed elusori seriali comunque acquistano ogni genere di prodotti; non stimolerebbe i consumi interni, a causa della riduzione notevole della disponibilità di entrate delle famiglie, le quali invece vanno incrementate. Dunque non si può che sperare in un ripensamento generale della azione economica della politica italiana, troppo suggestionata dalla idea malsana di distribuire soldi a destra e a manca. Insomma, questi mesi per gli italiani sono cruciali. O affondiamo negli abissi di una crisi irreversibile, continuando a ragionare da cicale, o al contrario riprendiamo il cammino della crescita da formiche, che si sa, scelgono la strada più utile, la percorrono tutti insieme, non smettono mai di impegnarsi pur di raggiungere la loro missione.
(ITALPRESS).

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