ITALIA IN POLE POSITION NELL’ECONOMIA CIRCOLARE

Nel settore rifiuti siamo alla vigilia del recepimento di nuove importanti direttive europee indirizzate verso la circular economy, quelle entrate in vigore il 4 luglio scorso. Un passo decisivo per il nostro Paese che apre nuovi possibili asset economici. Con una spesa complessiva di 9,3 miliardi di euro per il quinquennio 2019-2023 si potrebbe produrre infatti un impatto economico e occupazionale quantificabile in oltre 26 miliardi di euro di nuova produzione e di nuovo valore aggiunto, attivando oltre 170.000 unità di lavoro.

Dei traguardi raggiunti e di quelli all’orizzonte si parla a Rimini, alla fiera Ecomondo nell’iniziativa promossa dagli Stati Generali della Green Economy in collaborazione con il Circular Economy Network, la rete promossa dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da 13 aziende e consorzi di imprese, nella sessione tematica di approfondimento e di consultazione dal titolo “Le nuove direttive europee rifiuti e circular economy: indicazioni per il recepimento”.

A discuterne assieme alle organizzazioni di impresa e i consorzi, Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile; Luca dal Fabbro, vicepresidente del Circular Economy Network; Sergio Cristofanelli, Direzione Generale Rifiuti e Inquinamento del Ministero dell’Ambiente; Rosanna Laraia, Responsabile Centro per il ciclo dei rifiuti Ispra; Ivan Stomeo, Delegato Energia e Rifiuti Anco; Stefano Vignaroli, capogruppo M5S Commissione Ambiente Camera; Choara Braga, capogruppo Pd Commissione Ambiente Camera; Rossella Muroni, LeU, Commissione Ambiente Camera; Paolo Acciai, Cisl.

Per tasso di circolarità, l’Italia è al secondo posto fra i principali Paesi europei. Nel 2016 sono state riciclate in Italia 13,55 milioni di tonnellate (Mt) di rifiuti urbani, pari al 45% dei rifiuti prodotti, collocando il Paese al secondo posto dietro alla Germania con un’ottima performance in particolare nei rifiuti d’imballaggio. Anche nel settore dei rifiuti speciali le classifiche ci pongono tra i leader in Europa: nel 2016 sono state riciclate in Italia circa 91,8 Mt di rifiuti speciali, il 65% di quelli prodotti.

“Il nostro Paese parte da quindi un’ottima situazione, ma oggi – nella fase di recepimento delle norme Ue – occorre accelerare in maniera decisa, sviluppando le diverse filiere del riutilizzo e del riciclo dei rifiuti in direzione dei nuovi obiettivi per l’economia circolare. La nuova direttiva è un’occasione imperdibile per aumentare la competitività dell’industria italiana”, afferma il vicepresidente del Circular Economy Network Luca Dal Fabbro. “Si parte quindi dai dati e dalle proposte individuati – settore per settore – dalla Relazione sullo stato della green economy 2018, presentata agli Stati generali della Green Economy, anche sulla base dell’attività del Circular Economy Network e dei suoi promotori e aderenti”.

Per i rifiuti d’imballaggio, nel 2017 sono stati raggiunti buoni risultati: l’avvio a riciclo ha superato l’obiettivo del 65% sull’immesso al consumo (67,5%) e quasi tutte le singole filiere (carta, vetro, metalli e legno) non avranno particolari difficoltà a raggiungere i nuovi obiettivi di settore.  Serve  alzare l’asticella, portando il riciclo degli imballaggi al 78% rispetto all’immesso al consumo.

I rifiuti da Costruzione e Demolizione (C&D) sono una fetta importante dei rifiuti speciali complessivamente prodotti in Italia: nel 2016 ne hanno rappresentato il 40,6%, pari a 53 milioni di tonnellate. Il tasso di recupero dei rifiuti da C&D si è attestato nel 2016 al 76,2%, al di sopra dell’obiettivo del 70% fissato dalla Direttiva 2008/98/Ce per il 2020. Anche in questo caso non ci si vuole accontentare e si punta ad arrivare all’85%.

I rifiuti Raee (da apparecchiature elettriche ed elettroniche), domestici e non domestici, raccolti nel 2015 in Italia erano 344.000 tonnellate, il 39% dell’immesso al consumo medio del triennio precedente. Siamo ben lontani dal target del 65% che entrerà in vigore dal 2019. È un’area da stimolare, spingendo la raccolta dei Raee al 70% rispetto all’immesso al consumo.

Nel 2016 gli pneumatici fuori uso avviati a recupero complessivo erano 308.456 tonnellate, di questi il 44% è stato destinato a recupero di materia (135.304 t), mentre il restante 56% (173.152 t) è stato recuperato sotto forma di energia. Il target richiesto è il 60% del rifiuto gestito.

Sulla base di questi obiettivi, è stata calcolata una spesa complessiva (investimenti più costi di esercizio) che ammonta a 9,3 miliardi di euro nel quinquennio 2019-2023. Si tratta di un impegno che può produrre un impatto economico e occupazionale quantificabile in oltre 20 miliardi di euro di nuova produzione e 6,5 miliardi di euro di nuovo valore aggiunto, attivando oltre 170.000 unità di lavoro.

 

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