ITALIA ’90, RICORDO DELLE NOTTI MAGICHE 30 ANNI DOPO

Dopo trent’anni, di quel Mondiale ho scoperto che mi è rimasta solo rabbia. A quel tempo no, solo malinconia. Perchè fu l’unica volta, nei miei quindici mondiali, che seguii l’evento non da cronista ma da manager. Neanche da tifoso, perchè c’ero dentro e non riuscivo a cogliere dal mio amico Azeglio, o nel ritiro di Marino, ai Castelli, lo spirito dell’Ottantadue, neanche quello dell’Ottantasei messicano, dove mi trovai alla ricerca del tempo perduto dal Vecio Bearzot nel voler premiare con un viaggio esotico la fedeltà dei suoi prodi, dimenticando di creare uno spazio nuovo per i virgulti. Gli sforzi di Luca di Montezemelo fecero del Novanta un evento mediatico senza precedenti al quale partecipai nell’Introduzione creando un evento nell’evento, una sorta di racconto dei Mondiali italiani, tre vinti in semplicità e tempi difficili, portando l’Azzurro in giro per le città dove si sarebbero giocate le partite, con dibattiti ad alto livello condotti dal giovane Enrico Mentana. Poi cominciò il calcio, finalmente, con la Nazionale che ci parve la più bella. Vicini aveva ereditato la panchina da Bearzot con il quale era stato in contrasto fino all’ultimo, nonostante fosse il suo primo collaboratore tecnico. Fin da Spagna ’82, quando l’aereo dei vincitori offerto da Pertini lasciò a terra solo lui, l’Azeglio, colpevole di essersi defilato nei giorni difficili, abbandonato anche da quei critici che in odio al Vecio lo avevano adulato; poi a Messico ’86 dove il divario di idee si risolse in un divorzio sostanziale che lasciò vicino a Bearzot solo Cesare Maldini, destinato a guidare l’Italia solo otto anni dopo, al Mondial di Francia dopo il fallimento di Sacchi a Usa ’94.
Le convocazioni di Vicini erano dettate dagli ottimi risultati ottenuti con l’Under 21 nell’84 e ’86 e dall’inserimento fra quei giovani di talento di alcuni campioni “eletti” dal campionato. Tre portieri di qualità – Pagliuca, Tacconi e Zenga – forse per la prima volta di pari grado, una difesa a prova di bomba con lo “zio” Bergomi, Franco Baresi, Ciro Ferrara, Riccardo Ferri, Paolo Maldini e il potente Pietro Vierchowod; a centrocampo un gruppo di sicuri signori del gioco, a partire da Ancelotti con Berti, de Agostini, De Napoli, Donadoni, Mancini, Giannini e Marocchi; davanti, infine, una parata di stelle: Baggio, Vialli, Serena, Carnevale e Schillaci. Eravamo sicuri di vincere: tecnicamente forti eravamo pronti a meritare l’incoraggiamento popolare che non mancò non solo perchè giocavamo in casa ma per quell’atmosfera straordinaria che ancor oggi ricordiamo come Notti Magiche e che ho raccontato anche di recente – quelle sì – con un filo di nostalgia, quando ho visto una foto quasi sentimentale di Gianna Nannini e Diego Maradona insieme, immagine che nel tempo ha finito per rappresentare l’inizio e la fine del Mondiale dell’Italia giovane e ambiziosa. Il canto eccitante di Gianna a dare il via alle nostre certezze, la classe infinita di Diego a negarci la gloria finale.
E tuttavia fra i due protagonisti s’inserì a sorpresa il personaggio – più che calciatore, direi – che esaltò gli italiani, Totò Schillaci. Il siciliano della Juve firmò la prima vittoria azzurra il 9 giugno segnando il gol dell’1 a 0 a un’Austria per nulla irresistibile, “ma si capisce – diciamolo – è l’inizio, i nostri sono emozionati”. Così la critica comincia a far danni, pochi pungolano gli azzurri, gli occhi di Totò portano fuori strada. Quella sera porto a Telemontecarlo, dalla mia postazione all’Olimpico, il fuoco azzurro che diventerà incendio nelle puntate successive – sera dopo sera – di una trasmissione di successo, Galagol, nella quale trionfa la mia esordiente partner, Alba Parietti, alla quale l’abile regista suggerisce una posa che deciderà la popolarità di Alba Coscialunga. Festa continua a Roma e in video, meno nel resto d’Italia: a Palermo c’è stato un morto nei lavori di ristrutturazione della Favorita, a Bologna una tragedia con la morte di un tifoso inglese, altrove squadre di mezza forza non esaltano, ci si ubriaca d’azzurro. E si paga il conto. A Napoli, dove sono presente perchè m’immagino – e non sbaglio – che si giocherà la vera finale, Italia-Argentina, tutti gli italiani contro Maradona. Tutti, esclusi i napoletani che non nascondono la loro sincera simpatia per Diego e festeggiano quando il gol del pareggio di Caniggia – una topica di Zenga – ci porta ai rigori e al 4-3 finale firmato proprio da Maradona. Quando lo stadio si svuota, alla mia destra, in tribuna, è rimasta solo una coppia di giovani che piangono abbracciati. Due italiani feriti dalla sconfitta. In quel momento penso siano gli unici. E chiudo il mio Mondiale ignorando il terzo posto colto a Bari contro l’Inghilterra e vergognandomi dei fischi che l’Olimpico rovescia sull’Argentina di Diego aiutando la Germania a vincere il titolo, complice l’arbitro.
Conservo, di quella sera, il profondo senso di delusione provocato anche dal nostro stupido ottimismo, dalle Notti Magiche che ci hanno ubriacato e dall’improvvisa involuzione del metodo Vicini nell’unica partita che contava davvero, qui rappresentata da un tabellino che continua a raccontarmi una delle pagine più tristi del calcio azzurro. Non dimenticherò mai le scene di Batista, il volpone che improvvisava danze selvagge – mica tanghi – per distrarre Zenga, finchè riuscì a spingere l’evanescente Caniggia al colpo decisivo. Era successo anche a Messico ’70, col pareggio di Schnellinger al 90′ che aveva portato ai supplementari, solo che quella volta gli azzurri diventarono eroici. E finì 4-3 per noi, non 3-4 dopo i rigori. Reso onore comunque a Schillaci, uno che ha amato l’Italia riamato dagli italiani, mi chiedo ancora, forse smemorato, dove fosse Baggio, quella sera. Insieme al nostro coraggio.
Napoli, martedì 3 luglio 1990 ore 20.00
ARGENTINA – ITALIA 1-1 DTS; 4-3 DCR
Reti: 0:1 Schillaci (17′), 1:1 Caniggia (67′)
Sequenza Rigori: 0:1 F. Baresi, 1:1 Serrizuela, 1:2 R. Baggio, 2:2 Burruchaga, 2:3 De Agostini, 3:3 Olarticoechea 3:3 Donadoni (parato), 4:3 Maradona, 4:3 Serena (parato)

Argentina: Goycoechea, Ruggeri, Simon, Olarticoechea, Serrizuela, Giusti, Burruchaga, Basualdo (99′ Batista), Calderon (46′ Troglio), Caniggia, Maradona.
Allenatore: Carlos Bilardo
Italia: Zenga, F. Baresi, Bergomi, De Agostini, Ferri, Maldini, Donadoni, De Napoli, Giannini (75′ R. Baggio), Vialli (71′ Serena), Schillaci.
Allenatore: Azeglio Vicini
Arbitro: Vautrot

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