Iran-Israele, il Pentagono presenta al Congresso un rapporto dettagliato sull’offensiva militare

ROMA (ITALPRESS) – Il Pentagono ha presentato al Congresso un rapporto dettagliato sull’offensiva militare lanciata da Israele contro l’Iran a partire dal 13 giugno scorso, tracciando un quadro chiaro della portata e delle implicazioni strategiche del conflitto in corso. Secondo il documento, le forze israeliane hanno inflitto gravi danni alle infrastrutture militari e nucleari iraniane, eliminando anche alti esponenti delle forze armate e del governo di Teheran, confermando altresì che i raid hanno colpito postazioni missilistiche, basi aeree, centrali energetiche e installazioni governative.

Il rapporto evidenzia che l’operazione ha “degradato in modo significativo le difese aeree iraniane” e ha eliminato “numerosi ufficiali di alto rango e scienziati nucleari”. I dati aggiornati al 15 giugno parlano di oltre 200 morti in Iran, mentre in Israele le vittime dei lanci missilistici di rappresaglia sono almeno 24. L’Iran ha definito l’attacco una “dichiarazione di guerra” nelle sedi internazionali, mentre il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha promesso che l’offensiva continuerà “per tutto il tempo necessario a neutralizzare le minacce esistenziali”.

Il rapporto del Pentagono conferma che le forze statunitensi hanno aiutato Israele nell’intercettazione dei missili iraniani, come già avvenuto nei precedenti attacchi del 2024. Secondo fonti interne, l’amministrazione ha rafforzato la presenza navale e aerea nell’area, mentre aerei cisterna dell’USAF e droni da sorveglianza operano costantemente tra Iraq e Mediterraneo orientale. Nonostante questo sostegno operativo, il presidente Donald Trump ha ribadito che “gli Stati Uniti non sono attualmente coinvolti nei combattimenti diretti”, pur non escludendo un eventuale coinvolgimento futuro.

Il presidente Trump aveva dichiarato di essere stato informato in anticipo dell’operazione israeliana, ribadendo il proprio sostegno all’alleato storico. Ha inoltre spiegato che l’attacco è avvenuto al termine dei 60 giorni concessi all’Iran per negoziare un accordo sul nucleare con gli Stati Uniti. L’interruzione, da parte iraniana, del sesto ciclo di colloqui previsto per il 15 giugno sembra confermare il fallimento della via diplomatica, almeno nel breve termine.

A Capitol Hill, la reazione è stata polarizzata. Alcuni parlamentari repubblicani hanno espresso “pieno appoggio” all’azione israeliana, mentre altri – soprattutto tra i democratici – hanno sollevato preoccupazioni sul rischio di un’escalation incontrollata.

Il senatore Tim Kaine ha proposto una risoluzione per limitare l’uso delle forze armate statunitensi contro l’Iran senza un’autorizzazione esplicita del Congresso, richiamandosi a un precedente del 2020 (poi bloccato da un veto presidenziale) dopo l’uccisione del generale iraniano Soleimani. Secondo indiscrezioni, Israele avrebbe chiesto l’aiuto diretto degli Stati Uniti per colpire l’impianto di arricchimento dell’uranio a Fordow, situato in profondità e protetto da bunker antiatomici. Sebbene non vi siano conferme ufficiali, analisti del Pentagono e della CIA ritengono che l’operazione israeliana abbia finora colpito solo una parte della rete nucleare iraniana. Secondo alcuni analisti militari, un’operazione congiunta su Fordow comporterebbe un elevatissimo livello di rischio militare, richiedendo armamenti di penetrazione avanzata e un coordinamento multilivello tra intelligence e forze aeree.

Il governo italiano ha mantenuto una posizione di cautela, ribadendo il sostegno alla stabilità regionale e alla necessità di evitare un allargamento del conflitto. Il ministro degli Esteri ha chiesto “moderazione e pieno rispetto del diritto internazionale” e ha ribadito il ruolo dell’Italia come promotrice di dialogo in ambito europeo e mediterraneo. La Farnesina segue da vicino gli sviluppi anche per il potenziale impatto sul contingente italiano schierato in Libano sotto mandato ONU (UNIFIL), e ha elevato i livelli di allerta per il personale diplomatico e militare presente in Medio Oriente.

Il Segretario Generale della NATO, Mark Rutte, ha definito “grave e allarmante” l’evolversi della situazione, chiedendo a entrambe le parti di rientrare nei limiti del diritto internazionale e aprire un canale di mediazione. Intanto, la NATO ha aumentato la sorveglianza nel Mediterraneo orientale: secondo fonti ufficiali, anche l’Italia ha contribuito con navi e assetti aerei all’operazione “Sea Guardian”, in stretto coordinamento con forze statunitensi e britanniche. L’esercitazione congiunta MedStrike 25, condotta a maggio tra Royal Navy e Marina Militare italiana, si inserisce ora in un contesto operativo ben più delicato e reale.

– foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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