Inquinamento da plastica anche in rocce, pioggia e neve

ROMA (ITALPRESS) – Non solo Oceani, dove la plastica è presente nel 70% al 90% dei rifiuti in mare: la firma ‘indelebilè di questo materiale è stata trovata persino nelle rocce come elemento stratigrafico distintivo di un’epoca geologica che ormai viene definita Antropocene. Lo denuncia il WWF nella seconda puntata del suo report “Plastica-una storia infinita”, lanciata nell’ambito della campagna GenerAzioneMare. Nel report si segnala un recente studio che dimostra come i processi geologici abbiano iniziato a incorporare in rocce litoranee la plastica finita in mare: la presenza della plastica è evidente nei depositi terrestri, e sta diventando tale anche nei depositi sedimentari marini sia di acque profonde che poco profonde. Lo studio ci dice quindi che la plastica è ormai diventata un ‘tecnofossilè ed è destinata a restare negli strati geologici al pari di ciò che oggi osserviamo nei sedimenti come testimonianza delle ere passate, dalle ammoniti ai resti di mammut. “Sta piovendo plastica” è il titolo di un recente studioche non lascia dubbi sull’enorme quantità di microplastica presente nell’atmosfera. La scoperta è avvenuta durante l’analisi di campioni di acqua piovana nella zona delle Montagne Rocciose mentre si studiavano eventuali segnali di inquinamento da azoto. In oltre il 90% dei campioni prelevati di acqua piovana sono state identificate microfibre di plastica. Le tracce si trovano anche nelle cime oltre i 3.000 metri di altezza. D’altra parte le informazioni provenienti dagli Stati Uniti non sono isolate. Ad aprile del 2019, un altro gruppo di ricercatori ha scoperto che, in una remota località montana dei Pirenei francesi, enormi quantità di minuscole particelle plastiche “piovevano” dal cielo: una media giornaliera di 365 particelle di plastica su ogni metro quadrato a 1.500 metri di quota. Non è stato possibile risalire all’esatta provenienza dei frammenti, ma l’analisi delle correnti d’aria ha mostrato che alcuni devono aver viaggiato sospesi dai venti per oltre 100 di km. Un gruppo di scienziati tedeschi e svizzeri ha trovato plastica e gomma nella neve caduta sullo stretto di Fram, il tratto di mar Glaciale Artico tra le isole Svalbard e la Groenlandia. La presenza di microplastiche nella neve sopra i tratti di mare ghiacciati indica che uno dei modi in cui le microplastiche raggiungono l’Artico è nevicando. Le concentrazioni sono di 10mila frammenti di plastica per litro tra i quali frammenti di pneumatici, di vernice e fibre sintetiche. Analoghi campioni erano stati prelevati anche sulle Alpi svizzere e in varie parti della Germania che hanno mostrato grandi quantità di microplastiche, maggiori (fino a 154mila per litro) nei campioni tedeschi. Una ricerca pubblicata a giugno, ha rinvenuto microplastiche anche nel 90% dei campioni di acqua superficiale e di zooplancton e nell’85% dei campioni di sedimento nell’Artico canadese, dalla baia meridionale di Hudson alla punta dell’isola di Ellesmere. Non è stata tanto la presenza di microplastiche ad allarmare il team di ricercatori quanto le elevate concentrazioni, “senza alcuna correlazione” con le dimensioni delle popolazioni locali a monte di ogni sito di campionamento. Questo suggerisce come la fonte delle microplastiche sia il trasporto a lunga distanza, attraverso le correnti atmosferiche e oceaniche. Il WWF quindi sottolinea come il drammatico impatto della plastica sia peggio di quanto immaginiamo: non si limita quindi ai mari.
(ITALPRESS).

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